“Questa la risposta ai coglioni giornalisti: la Lega è rotta? Vi romperemo noi”. Così Umberto Bossi apre il suo comizio a Pontida. E a Silvio Berlusconi, dopo i ringraziamenti per il federalismo fiscale, manda a dire: “La tua leadership può finire”. Così come l’alleanza alle prossime elezioni. Insieme al giuramento dei 52 nuovi sindaci del Carroccio neoeletti, il discorso del Senatùr era il momento più atteso dal pubblico. “La Lega è una, compatta, per il suo segretario federale – arringa il presentatore dal palco prima dell’intervento -. Facciamolo capire bene chi è il capo della Lega”. Che però parla guardando dal palco un grande striscione non dedicato a lui: “Maroni presidente del Consiglio”, recita. Nota di colore: il ministro dell’Interno è l’unico di tutto lo stato maggiore del Carroccio a indossare un abito anziché la tradizionale camicia verde.

Il primo passaggio del discorso di Bossi è dedicato al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Un seguito delle polemiche di ieri tra i colonnelli del Carroccio e il ministro riguardo all’urgenza di una riforma fiscale. “Caro Giulio, se vuoi avere ancora i voti della Lega in parlamento ricordati che non puoi più toccare i comuni”. Il Senatùr contesta il patto di stabilità, che blocca diversi “miliardi” delle amministrazioni comunali. “Caro Giulio, va riscritto”, manda a dire Bossi. Perché “le persone sono più importanti del mercato” e “i soldi si possono trovare”. Qualche spunto lo fornisce lo stesso Bossi. Innanzitutto interrompere le missioni di pace all’estero, da cui si potrebbe recuperare “un bel miliardino”. Oppure tagliare i costi della politica, “gli sprechi”, li definisce il Senatùr. “Come le auto blu – dice -, io ho un’Audi, ma l’ho comprata io”. “Secessione“, urlano intanto i militanti tra il pubblico. ”Se volete la secessione, ci si prepari – risponde Bossi dal palco -. La Lega verrà incontro ai popoli del nord che vogliono una pressione molto forte verso il centralismo, e lo avranno. L’altra volta ci ha fermato la magistratura, questa volta saremo ancora più incazzati”.

Ma se il leader leghista è polemico con Tremonti, dedica al premier parole di apprezzamento, prima dell’avvertimento. I padani, “schiavi del centralismo romano”, ricordano e ringraziano Berlusconi per l’aiuto sul federalismo fiscale che “non sarebbe passato senza i suoi voti”. Appena dopo, l’affondo: “La tua leadership è in discussione”, manda a dire Bossi al Cavaliere. “Può finire a partire dalle prossime elezioni – continua – se non ascolterà attentamente le proposte che facciamo” e non darà risposte “in tempi certi”, con la scadenza dei prossimi tre mesi. Elezioni, quelle ricordare dal leader del Carroccio, a cui comunque “non è detto” che la Lega sostenga il premier, precisa. “Qualcuno si illude e dice ‘Bossi non può più andare da solo’ – continua -. Invece noi possiamo andare da soli quando vogliamo”. Al momento però, precisa il Senatùr, l’idea non è quella di creare una crisi nella maggioranza. Non adesso almeno. “Questo è un momento favorevole alla sinistra – spiega Bossi – quindi far cadere il governo sarebbe fargli un favore”.

Ma se la leadership del premier può finire, quella di Bossi va dimostrata salda. “Il capo” lo chiama Calderoli durante il suo intervento sulle quote latte. In cui invita a “mangiare padano” e non “prendere gli escherichia coli degli altri”.”Questo sarà un anno in cui l’identità padana ritornerà a pigliare il volo – rassicura Bossi -. Sarà una grande battaglia e non ci saranno magistrati che potranno fermarla”. Né tanto meno la sinistra. “Bersani dice che abbiamo la spada moscia? – ricorda una provocazione del Pd, riferita al simbolo di Alberto da Giussano -. Lo sperano i nostri nemici, così non se lo prendono in quel posto”. Una battaglia che passa anche e soprattutto per il decentramento dei ministeri, già annunciata ieri. “Ci saremo io e Calderoli – ha spiegato – se viene anche Maroni, tutto di guadagnato”. “Pensaci – ha insistito rivolto al ministro -, se vuoi venire lì c’è un tavolo anche per te”. Per i due, intanto, ci sarebbero già uffici e targhe pronti a Monza. “Sui ministeri Berlusconi aveva già firmato il documento – conclude il Senatùr – poi si è cagato sotto”.

Maroni, defilato durante l’intervento del leader, parla per ultimo. “Il Capo ha già detto tutto, cose molto chiare e molto forti – prende la parola -. Chi ha orecchie per intendere, a Roma, ha già inteso”. Più che al Pdl e all’orgoglio padano, però, le parole del titolare dell’Interno sono rivolte ai risultati della sua attività di governo. Contro la criminalità organizzata e per arginare la crisi immigrazione, pur ostacolati “dalla magistratura che è tutta con i clandestini”, dalla Nato e dall’Unione Europea che non aiutano a bloccare i flussi dal nord Africa. A proposito di mafie, invece, poco prima era arrivata la punzecchiatura di Bossi: “Maroni, sai che la Brianza è piena di mafiosi? Dagli una soppressata”. Un passaggio è dedicato alla guerra in Libia, per cui il ministro chiede “uno stop”.”I missili non sono intelligenti – spiega – per fermare i profughi c’è solo un modo: fermare la guerra”.

Riunita ad ascoltare il Senatùr e i colonnelli c’è la base del partito, compresi i militanti “arrivati in bicicletta attraverso le strade dell’Insubria”. L’appello ai militanti è di andare al gazebo principale per firmare in favore del “decentramento dei ministeri”, una delle sorprese annunciate ieri da Bossi e ripresa nel suo intervento. “E’ un obbligo morale di tutti noi”, rimbomba la voce del presentatore del raduno nelle casse sparse per il prato di Pontida.

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