Lo hanno bloccato a bordo di un rimorchiatore nel porto di Palermo, gli hanno contestato un visto falso nel passaporto, lo hanno condotto al comando di Polizia per le foto segnaletiche e le impronte digitali, e infine lo hanno rispedito in Tunisia, dove è stato arrestato per avere viaggiato senza passaporto, sequestrato dalle autorità italiane, che in cambio gli hanno rilasciato soltanto una fotocopia. Adesso il protagonista di questa brutta avventura, l’imprenditore libico di 35 anni, Aref Hreisch Abdoulmajid, partito dalla Tunisia e diretto in Grecia per raggiungere moglie e figli, sta valutando se dare mandato al suo  avvocato di fare causa alle autorità italiane quando tutto si sarà risolto. “Finora per questa vicenda ho speso quasi dieci mila euro ma ovviamente non m’importa nulla – dice al telefono dalla Tunisia – voglio solo riavere i miei documenti per raggiungere la mia famiglia’’. In questura, a Palermo, nessuno conferma la vicenda: la Polizia di frontiera rimanda all’ufficio stampa, che però chiede tempo per verificare.

Tutto inizia il 20 maggio 2011. Un’imbarcazione della compagnia Grimaldi Lines attracca nel porto di Palermo proveniente dalla Tunisia. E’ una bella imbarcazione: si chiama Sorrento ed effettua spostamenti turistici nel Mediterraneo. La polizia di Frontiera sale a bordo per controllare i documenti dei viaggiatori. Si avvicina ad un gruppo composto soprattutto da greci, tranne uno. Sul suo passaporto c’è scritto Aref Hreisch Abdoulmajid, ha 35 anni ed è libico. Aref è tranquillo dato che il suo documento ha anche un visto dell’ambasciata greca in Tunisia. Secondo gli accordi di Schengen, infatti, Aref grazie a quel visto può circolare liberamente nell’Unione Europea. I poliziotti, però, quando vedono il documento di Aref scuotono il capo lo stesso. Quel visto non li convince. Aref viene  fermato e portato in questura:  per loro il documento è un falso clamoroso e lo sequestrano. Aref viene quindi respinto alla frontiera con un battello: dopo 36 ore passate chiuso dentro una cabina, sbarcherà di nuovo in Tunisia.

Quel visto però non è forse così  falso come dicono i tutori dell’ordine. Ad assicurarne l’autenticità è lo stesso ambasciatore della Grecia in Tunisia, Dora Grosomanidou che ha spedito una dichiarazione di veridicità del visto firmata di suo pugno: “Quel visto è autentico e lo posso assicurare come rappresentante dello Stato greco”Aref infatti è un imprenditore di Tripoli con interessi in Grecia, dove stava andando per raggiungere la moglie e i figli. “Siamo partiti dalla Tunisia perché per ora è sconsigliabile partire dalla Libia a causa della guerra. Sono rimasto ovviamente molto sorpreso quando la polizia italiana mi ha detto che il mio passaporto era falso, dissi loro che era impossibile perché l’avevo avuto dall’Immigrazione e viaggiavo con quel passaporto da 3 anni, ero stato anche in Italia”, racconta oggi Aref dalla Tunisia, dove è bloccato da oltre 25 giorni.

“Non capisco – continua l’imprenditore libico – perché abbiano pensato fosse falso. E nemmeno perché si siano comportati in questa maniera. Mentre mi stavano portando alla centrale di polizia iniziarono a farmi brutte domande del tipo quanto avessi pagato quel passaporto: mi trattavano come un criminale”. Fermo in Tunisia senza documenti Aref può contare solo sull’aiuto dei suoi legali: “Mi sto attivando per risolvere la questione, il mio cliente è profondamente prostrato a causa della perdurante incertezza circa l’esito della vicenda”, commenta l’avvocato Mauro Terranova del foro di Palermo, ingaggiato da Aref via iPhone per affiancare Elena Marino, il difensore d’ufficio assegnatogli dalle autorità italiane.

Per accertare la veridicità del visto sarebbe bastato in effetti contattare direttamente l’ambasciata Greca in Tunisia. Un’operazione che si sarebbe conclusa in uno o due giorni. Invece Aref è bloccato nel suo “limbo” tunisino da quasi un mese subendo un danno non indifferente. Ma non solo. Non si capisce, infatti, come mai il visto venga considerato falso anche dopo che a garantire sia lo stesso ambasciatore greco. A rispondere con un pizzico di amarezza ci prova oggi lo stesso Aref : “Penso che la Polizia abbia fatto tutto questo dopo aver visto che avevo un passaporto libico. Non hanno un buon rapporto con i libici, questo è il loro concetto di ospitalità. Mi chiedo  in una situazione del genere come avrebbe potuto tutelarsi qualcuno con una disponibilità economica inferiore alla mia”.

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