Mark Zuckerberg, fondatore del social network Facebook

In Francia c’è il divieto di pronunciare le parole “Facebook “ e “Twitter” in televisione e alla radio. Il motivo? A quanto pare si tratterebbe di “pubblicità occulta”, almeno secondo il Conseil supérieur de l’audiovisuel (Csa), l’equivalente d’oltralpe della nostra Authority per le comunicazioni.

Difficile da credere, ma la fonte è ufficiale. In una nota del Csa si legge che «rimandare i telespettatori o gli ascoltatori alla pagina Facebook o Twitter della trasmissione costituisce a tutti gli effetti una comunicazione pubblicitaria». Lo spiega meglio Christine Kelly, portavoce del Csa: “Perché dare preferenza a Facebook, che vale già miliardi di dollari, mentre ci sono altri social network che stanno lottando per emergere? Si tratterebbe di una distorsione della competizione”.

Qualcuno fa notare che Facebook e Twitter, solo il primo con oltre 20 milioni di utenti in Francia, non hanno alcun bisogno di questo tipo di pubblicità. E la decisione ha colto di sorpresa soprattutto il mondo giornalistico, principale destinatario della nuova norma. I nomi dei due social network potranno essere pronunciati soltanto all’interno di una notizia di cronaca che li riguardi, ma ogni rimando alla pagina ufficiale di una trasmissione o emissione radio sarà severamente sanzionato. Occhi puntati soprattutto sulle trasmissioni informative di Tf1, France 2 e France 3 (l’equivalente della nostra Rai), dove probabilmente all’inizio bisognerà ricorrere al Bip.

Secondo Pierre Haski del sito d’informazione Rue89, questa decisione «non provocherà altro che le risate del mondo anglosassone di fronte al villaggio d’Astérix (regno delle favole, ndr) della Francia». La decisione sembra infatti l’ennesimo capitolo della guerra alle parole straniere portata avanti con non poco sciovinismo dalla Francia. Si pensi che nel 2003 il Ministro alla cultura aveva deciso la sostituzione nei documenti ufficiali della parola «e-mail» con la più nazionalista «courriel», il tutto per «frenare l’invasione degli inglesismi nella nostra bella lingua». D’altronde in francese «computer» si dice «ordinateur», «prendere un drink» si dice «prendre un verre» e «check in» diventa «enregistrement».

Secondo Haski si può leggere nella decisione del Csa «un fondo di velato anti-americanismo di fronte a due successi del web che vengono d’oltre oceano». Alla faccia di Marc Zuckerberg, il papà di Facebook, recentemente ricevuto addirittura da Nicolas Sarkozy all’Eliseo, che proprio su Facebook vanta più di 400mila amici.

Insomma, come ha commentato l’Huffington Post si tratta della “solita abitudine gallica di voler regolare tutto” e della “battaglia dell’Académie française per francesizzare il vocabolario straniero”.

Il risultato è ben riassunto da Matthew Fraser, noto blogger canadese-inglese residente in Francia: «Per noi stranieri si tratta del paradosso incomprensibile della società della joie de vivre (gioia di vivere, ndr) in preda a una cultura burocratica e opprimente fatta di decreti e codici al limite delle peggiori derive kafkiane».

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