“E’ stata una truffa in danno dello Stato, la transazione tra il Demanio e l’Ipa per la scogliera di Villa Zeffirelli è macroscopicamente illegittima”. Il pm di Salerno Roberto Penna usa parole nette per chiudere la requisitoria del processo che vede alla sbarra Franco Zeffirelli, i suoi due figli adottivi, l’ex direttore della filiale salernitana dell’Agenzia del demanio, l’amministratore legale e il procuratore dell’Ipa, società intestataria all’epoca della dimora più famosa e celebrata di Positano.

La truffa, è bene chiarirlo, è stata esclusa dal gup. Resta però in piedi l’accusa di abuso d’ufficio. E’ relativa all’annessione di un tratto di scogliera demaniale di Arienzo alla proprietà dell’immobile, diventato una leggenda delle cronache mondane per aver ospitato lo star system del cinema italiano e internazionale dagli anni ’60 in poi. Il magistrato ha chiesto un anno e sei mesi di condanna per il regista di ‘Gesù di Nazareth’ che con la sua girandola di amici vip ha trasformato Positano in una capitale mondiale del jet set, prima di abbandonare la costiera amalfitana per sempre, stizzito da alcune polemiche con i residenti e dall’avanzare delle inchieste giudiziarie (in un altro processo per abusi edilizi Zeffirelli si è salvato grazie alla prescrizione in appello). Il pm ha invocato la stessa pena, un anno e sei mesi, per l’ex direttore del Demanio e per il procuratore dell’Ipa, definito ‘la mente’ dell’accordo illegittimo. Chiesto un anno di condanna per gli altri tre imputati.

Il processo è una lotta contro il tempo della prescrizione. Già intervenuta a dicembre per il secondo capo di imputazione, riguardante il solo parere favorevole all’accordo transattivo espresso dal direttore centrale dell’Agenzia del demanio, peraltro deceduto. Restano in piedi le accuse principali, per le quali la tagliola del non luogo a procedere per decorrenza dei termini scatterà in autunno. Ma i tempi di una sentenza di primo grado, almeno quella, ci sono tutti. La prima sezione penale del tribunale di Salerno dovrebbe riunirsi in camera di consiglio il 22 giugno, al termine delle arringhe degli avvocati, tra i quali l’onorevole Niccolò Ghedini, uno dei difensori di Zeffirelli.

In un’ora di requisitoria, il pm ha dipanato le numerose tappe di una vicenda iniziata con un atto notarile di compravendita dell’immobile scritto a penna nel 1948. Concentrandosi sul contenzioso dei primi anni ’90 nato con l’ ‘antropizzazione’ della scogliera, modificata da viali, scale e piattaforme di cemento. E sull’accordo del 2003 tra l’Ipa e l’Agenzia del Demanio grazie al quale la scogliera sottostante le ‘Tre Ville’, per tutti ‘Villa Zeffirelli’, divenne proprietà privata. Peccato che quella transazione venne compiuta, secondo il pm, scavalcando le procedure di ‘sdemanializzazione’, che avrebbero imposto un’asta pubblica aperta ad altri concorrenti. Peccato pure che il tratto di costa acquistabile con il pagamento di circa 96.000 euro doveva essere circoscritto ai soli 1.315 metri quadri interessati dagli interventi di Zeffirelli. Invece, grazie a qualche abile tocco di penna, a cifra immutata la transazione riguardò l’intera scogliera di 4.000 metri quadri. Di qui l’inchiesta e il rinvio a giudizio. Intanto ‘Villa Zeffirelli’ di fatto non esiste più. I nuovi proprietari, imprenditori alberghieri di Sorrento, l’hanno tramutata in un resort extra lusso. In questi giorni Russell Crowe ci sta trascorrendo un periodo di vacanza.

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