La storia inizia e finisce sempre alla stessa maniera. Con un nuovo sindaco che si insedia a Palazzo Marino e si trova in eredità dal suo predecessore la questione Metroweb, la società proprietaria della fibra ottica di Milano, creata nel 2001 come cugina stretta di Fastweb, venduta nel 2006 dal Comune per un tozzo di pane, e rivenduta a peso d’oro dai privati che la avevano acquistata 5 anni fa.

Proprio il giorno della vittoria di Giuliano Pisapia infatti il fondo inglese Stirling Square Capital e A2A, la megautility di Milano e Brescia, ovvero i due attori che controllano Metroweb, hanno ufficializzato la cessione dei rispettivi pacchetti del 76% e del 23% alla cordata composta dal fondo F2i di Vito Gamberale e a Intesa Sanpaolo.

Un’operazione da 436 milioni di euro, oltre 10 volte gli utili lordi (Ebitda) realizzati da Metroweb nel 2010 (41 milioni). Un moltiplicatore che in molti considerano decisamente alto, se si pensa che la rete milanese ha una peculiarietà che la penalizza, ovvero che Metroweb è proprietaria di tutto tranne che dell’ultimo pezzo che entra nelle case, perché quello è di Fastweb. Un lascito di quando Metroweb, Fastweb, Aem e la deceduta e.Biscom erano legate a doppia mandata.

Nel 2006, Letizia Moratti subentra a Gabriele Albertini, il 76% di Metroweb in capo all’allora Aem venne venduto al fondo Stirling sulla base di una valutazione di 232 milioni, perché considerato “non strategico”. Così disse Letizia Moratti. I soldi messi sul piatto adesso sembrano dimostrare l’esatto contrario.

A far storcere il naso a molti è bastata la tempistica del capitolo finale della vicenda Metroweb. Due giorni di trattative accelerate e il via libera proprio nel giorno dei ballottaggi. Il gesto della utility guidata da Giuliano Zuccoli è come minimo uno sgarbo istituzionale al nuovo sindaco Pisapia, che della multiutility, e quindi di Metroweb è (era) azionista. Secondo alcuni la fretta è stata dettata dalla volontà di approfittare del temporaneo vuoto di potere per chiudere una partita scomoda.

“Partita chiusa in due giorni, con una accelerazione proprio nel fine settimana dei ballottagi – dice un manager di un importante gruppo delle comunicazioni che conosce la vicenda da vicino – il dubbio è che esistesse il timore che nella nuova giunta arrivasse qualcuno a mettersi di traverso viene”.

Si perché ad avere gridato allo scandalo quando nel 2006 Metroweb (allora partecipata al 100% dal Comune tramite Aem) venne ceduta per due soldi al fondo inglese Stirling e a ex manager di Fastweb come Alberto Trondoli e Moreno Grassi sono stati in molti. E alcuni di loro, come Davide Corritore del Pd, che ai tempi si oppose all’operazione, ora potrebbero giocare un ruolo di rilievo nella nuova giunta di Pisapia. Magari come city manager.

Basta fare due conti per capire quanto ci perdono i milanesi, spiega un economista vicino al dossier. “Innanzitutto in termini di beneficio, perché è chiaro che se il Comune fosse proprietario della sua rete potrebbe più facilmente avviare progetti, magari gratuiti, a favore dei cittadini. Poi in termini monetari, di mancato guadagno. Basti pensare questo: Aem nel 2003 comprò il 33 per cento di Metroweb e arrivò così al 100 per cento: ebbene questo 33 per cento lo pagò 30 milioni. Tre anni dopo, nel 2006, rivendette l’intera partecipazione, con il via libera della Moratti, al fondo Stirling. E a quanto? Trenta milioni. Più un debito da 200 milioni che era già garantito dai contratti in essere. E ora A2A, e quindi il Comune, se ragioniamo in termini del mancato guadagno che avrebbe avuto se si fosse tenuta la società, ci perde 200 milioni. Il calcolo è semplice: 436 milioni meno 175 di debiti di Metroweb, che fa 260 milioni, meno i soldi che incassa ora dalla vendita del suo 23 per cento che sono una cinquantina di milioni. Conto finale del mancato guadagno 200 milioni”.

E ai milanesi quindi cosa rimane? Una clausola, che fu inserita ai tempi della vendita dl 2006 ai privati e che permette al Comune l’uso gratuito per dieci anni del 15 per cento della rete. Clausola che la giunta Moratti non ha mai fatto valere, ma che nella squadra di Pisapia promettono di cominciare a utilizzare. “Sarebbe stato meglio se avessero ottenuto l’1 per cento per 99 anni in verità, ma accontentiamoci di questo” nota un altro economista, dell’Università Bocconi.

Quindi ora sarà più difficile realizzare la rete wi-fi gratis, con gli hot-spot in tutta la città? “Non lo so – spiega Marco Fiorentino, uno dei maggiori esperti italiani di tlc, amministratore delegato di Kpnqwest Italia – sicuramente con una proprietà privata sono più difficili. Quello che so è che con la privatizzazione di Metroweb a Milano e ai milanesi è stato fatto un danno enorme. E’ una storia vecchia di più di dieci anni, che cominciò bene, continuò male ed ora temo che sia finita anche peggio”.

A2A, ovvero il Comune, però potrebbe ancora giocarsi una carta. Quella, decisamente inusuale, del bond convertibile che la utility possiede in Metroweb (in pratica un prestito fatto da una società pubblica, in questo caso A2A, a dei privati, per comprarsi un’altra società pubblica) che può far valere entro il 2013 e che le permetterebbe di rientrare in possesso del 25% della società proprietaria della rete in fibra di Milano. Una delle reti in fibra, a onor del vero, più estese d’Europa. “Sarebbe interessante se A2A esercitasse questa facoltà” ha detto un paio di giorni fa proprio Davide Corritore.

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