Una “vera e propria carneficina”. E’ la descrizione di un testimone oculare degli scontri di oggi nella città di Hama, in Siria, dove sono morte almeno 67 persone. “Ero a manifestare, saremmo stati oltre 10mila – ha raccontato -, ci hanno sparato addosso con molta intensità. Per uccidere. Erano mitragliatori pesanti e kalashnikov, almeno dal boato degli spari”. L’ospedale cittadino risulta affollato di feriti, “centinaia” secondo i testimoni, tra i manifestanti contro il regime del presidente Bashar al Assad.

Un evento che ha già un precedente nella storia del Paese. Nel 1982 l’allora presidente, Hafiz al Assad – padre dell’attuale – bombardò per settimane la città siriana. Alcuni politici siriani esiliati vicini all’ex presidente Amin al Hafin denunciarono 35mila – 38mila morti, mentre per il delegato israeliano alle Nazioni Unite, Jehuda Blum, le vittime sarebbe state da 10mila a 25mila. Il bilancio esatto del massacro però è sempre rimasto un mistero. Il partito al governo, il Baath, si proponeva in con un modello socialista e laico, provocando la ribellione degli islamici che per anni tentarono di destabilizzare il governo di Assad padre attraverso una serie di attentati e rivolte, come quella di Hama.

Nel nuovo venerdì di proteste, oggi, due iniziative di segno contrapposto si sono svolte anche in Libano, nella capitale Beirut. Una a sostegno della popolazione siriana, vittima di una dura repressione, e l’altra a favore del presidente. Circa 200 sostenitori di Assad si sono riuniti nel cortile della moschea al Omari, mentre all’interno si sono radunati altrettanti oppositori del presidente. Per evitare il contatto tra i due gruppi e prevenire incidenti sono stati dispiegati gli agenti delle forze di sicurezza libanesi.

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