Io ho una sensazione. Non ho dati o percentuali o sondaggi e credo che non esista una statistica che scorpori il voto femminile. Ma  qualcosa mi dice che la sconfitta di Berlusconi sia opera principalmente delle donne.

Gli scandali sessuali, la nauseante discesa agli inferi dei festini Bunga Bunga, la volgarità delle ultime barzellette (non che quelle di prima fossero brillanti, ma le ultime erano proprio deprimenti), l’ossessione maniacale per certi temi pecorecci, l’umiliazione costante del mondo femminile e questo ghigno di superiorità di don Giovanni dell’Olgettina, non so perché, ma mi dà l’idea che abbiano contato più di quello che si pensa.

Perché la crisi c’era anche prima e la gente continuava a votarlo. Perché la disoccupazione, il precariato, le leggi ad personam, il delirio di onnipotenza, i suoi processi, l’occupazione delle televisioni, le figure barbine internazionali, tutto c’era anche prima, eppure B. continuava a vincere.

Se finalmente qualcosa si è rotto nel perverso meccanismo del consenso popolare populista che ha sorretto B. e il suo mondo per un ventennio, secondo me bisogna ringraziare le donne d’Italia. Andrebbe studiato, il voto femminile, e ci direbbe tante cose. Per esempio, che l’inizio della fine per il signor B. è stato il 13 febbraio, quando le donne hanno portato in piazza un milione di persone indignate.

Allora si era detto “Se non ora quando?”.
Allora si è capito che l’indignazione è un sentimento nobile, non riconducibile sotto una bandiera di partito, e poco strumentalizzabile.
Allora tante donne hanno capito che il momento era arrivato: “ora o mai più”.

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