“La cosa pubblica è stata intesa dagli indagati come avida occasione di illeciti guadagni”. La mannaia del gip Kate Tassone si è abbattuta sul settore Urbanistica del Comune di Reggio Calabria. In manette sono finiti funzionari e impiegati che incassavano denaro per velocizzare l’iter del rilascio delle concessioni edilizie. Un sistema di potere illegale all’interno dell’ufficio che – secondo l’accusa – aveva nell’architetto Giuseppe Melchini il suo centro propulsore, l’uomo che sarebbe stato in grado di assicurare l’esito favorevole di progetti presentati in violazione della normativa urbanistica.

Il suo ruolo era talmente radicato che, anche dopo essere stato trasferito in un altro settore, continuava ad occuparsi, tramite i complici, dei procedimenti edilizi di suo interesse con il solo scopo di preservare la struttura affaristica creata nel tempo. Per lui si sono spalancate le porte del carcere di San Pietro, seguito a ruota da altri due dipendenti del Comune di Reggio: l’architetto Pasquale D’Ascoli e il geometra Giuseppe Chirico.

La squadra Mobile, diretta da Renato Cortese, ha inoltre notificato il provvedimento di arresti domiciliari al dipendente comunale Giovanni Tornatola, al responsabile dell’ufficio Condono edilizio Francesco Calì, agli architetti Antonio Demetrio Artuso e Carmelo Maria Lo Re e al titolare di una agenzia finanziaria. Erano loro, stando alla ricostruzione degli inquirenti, che gestivano il rilascio delle concessioni edilizie nella città dello Stretto. Dalle indagini è emerso che venivano anche falsificati documenti per fare in modo che le pratiche apparissero in regola (“abbiamo dovuto cambiare certe date…la domanda l’abbiamo portata all’ottantasei, con il vecchio condono dell’ottantasei”, “glielo facciamo falso…gli scriviamo che è agricolo”).

L’inchiesta “Urbanistica”, coordinata dal procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza e dai sostituti Maria Luisa Miranda e Francesco Tripodi, ha fatto luce su un’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione per atti d’ufficio e falsi. Un sistema incancrenito che ha operato indisturbato dal 2001 al 2009, quando è stata depositata la relazione della commissione d’inchiesta istituita dal consiglio comunale a seguito di alcune denunce anonime circa una situazione generalizzata di illeciti e gravi disfunzioni. Il sospetto, oggi accertato, era che il settore Urbanistica fosse stato a rischio di “mazzette”.

I funzionari del Comune di Reggio Calabria, aggiungono gli inquirenti, avrebbero anche favorito le pratiche di alcuni studi professionali della città, come quello privato di Carmelo Lo Re, dove l’architetto D’Ascoli esercitava la sua professione pur essendo dipendente comunale. Una microspia piazzata all’interno dello studio ha consentito agli inquirenti di raccogliere le “confessioni” inconsapevoli degli indagati.

In una conversazione gli inquirenti sono riusciti a conoscere anche il “prezzario” per i favori concessi dagli arrestati: “Questa agibilità deve uscire nel più breve tempo possibile, 1000 euro per il certificato di agibilità nel giro di qualche giorno… primo acconto 500 euro, secondo acconto 2000 euro rilascio permesso di costruire per il cambio d’uso da residenza a casa di riposo per anziani, terzo acconto 1500 euro, ma questi sono soldi che già avevamo pensato di dividerli così”

Sempre D’Ascoli spiega le modalità di pagamento: “1000 che vi sono stati dati, noi restiamo 3000…di cui 1000 mi fate un assegno e vi faccio una fattura e 2000 in contanti” . E per fare capire il trattamento di “favore” riservato aggiunge: “considerate che esce qua in mezzo…ci sono pure quelli per il collega! Avete capito? Vedete che è veramente impossibile fare queste tre cose in due mesi, non glielo dite a nessuno perché….non ne parlate con nessuno!”.

Sempre grazie alle intercettazioni, è emerso come all’interno di questo sistema di potere c’erano delle gelosie, causa di incomprensioni tra gli indagati. Interessante, a proposito, la conversazione dell’archittetto D’Ascoli che si lamenta del geometra Chirico: “Ma se io devo avallare per te una cosa senza guadagnare niente…e tu vai a fare imbrogli strade strade…e la fregatura poi ce l’ho io…e tu che hai fatto l’imbroglio te ne esci pulito”.

In un’intercettazione del 22 marzo scorso Lo Re e D’Ascoli discutono di un’altra fonte di guadagno: la possibilità di far eludere ai clienti i pagamenti di quanto dovuto al Comune. “Si, ma è inutile che vado e gli faccio quanto viene…per andare a pagare quattro mila euro di oblazione, me ne fotto dell’oblazione, meglio che guadagno cinquecento euro io, e ce li dividiamo duecento cinquanta ciascuno, anzichè loro che debbano pagare quattro…quattromila euro al Comune o no?”, D’Ascoli non si accontenta: “Ma tu fagliela assai…digli state risparmiando…state risparmiando duemila e cinquecento euro…mille e due ce li date a noi e…(inc.)…ci date mille e cinque, mille e seicento euro, e noi vi portiamo tutte cose, però quel congruo di differenza lo deve pagare!”.

“Non si tratta di una indagine antimafia, ma è pur sempre di straordinaria importanza, tenuto conto che ci si trova dinanzi a riscontri di gravissimi reati contro la pubblica amministrazione ed in danno di inermi cittadini”. Il procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone parla di “un substrato di illegalità che caratterizza molti aspetti della vita di Reggio Calabria” e lancia un appello ai reggini vittime di queste pretese illecite: “Denunciate e non inviate solo scritti anonimi”.

“Bisogna sfatare l’alibi che lo Stato non esiste – ha concluso la conferenza stampa il procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza – Credo che i risultati degli ultimi 4 anni dimostrano che in Calabria lo Stato c’è”.

 

Aggiornato da redazione web il 26-7-18

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