Metà degli alimenti prodotti oggi vengono scartati durante la filiera produttiva e non arrivano neppure al banco vendita. Lo dimostra uno studio condotto dallo United Nation’s Environment Programme (UNEP). Degli alimenti superstiti, poi, circa un terzo finisce nel cestino a pochi giorni dall’acquisto.

A Londra si è scelto di combattere la macchina dello spreco tornando alle origini. Più precisamente, al rituale del banchetto medievale, quando le comunità si riunivano per condividere cibo, idee e divertimenti in maniera teatrale e festosa.

“Non diamo da mangiare ai senzatetto: vogliamo piuttosto nutrire la comunità, il Paese intero”, mi spiega con una punta di orgoglio Stephen Wilson, fondatore venticinquenne della People’s Kitchen di Hackney, Londra.

Quello che si fa alla “cucina del popolo” è in realtà molto semplice: banchettare in comunità con quegli alimenti che verrebbero altrimenti gettati nell’immondizia. Proprio come i contadini della gelida Europa medievale, che spigolavano dai campi dei padroni alla ricerca di cibo ancora commestibile, i pochi volontari dell’associazione spendono la loro domenica mattina a raccogliere cibo ancora in buone condizioni dai commercianti del quartiere.

“Quando il progetto è partito, a novembre scorso, ci appoggiavamo al New Spitafield Market (il più grande mercato ortofrutticolo del paese). Poi le cose sono cambiate, complice anche una maggiore attenzione a questioni igienico-legali legata alle imminenti Olimpiadi. Ora ci riforniamo principalmente da tre-quattro alimentari della zona”, ci spiega Daniel, 23 anni, pubblicitario.

Terminato il giro di pattugliamento, la manciata di volontari scarica il raccolto sui lunghi tavoli del Passing Clouds, casa base e centro culturale nel cuore del quartiere orientale di Hackney, e inizia a pelare le verdure raccolte.

La gente affluisce poco alla volta e in breve ci si ritrova tutti seduti a tagliare rape e chiacchierare, mentre un piccolo Mac diffonde un po’ di musica funky in sottofondo.

Dopo mezz’ora, nel bel mezzo della nostra intervista, Stephen mi dà un coltello e sorridendo mi indica un cesto di cipolle. Mi siedo e mi metto al lavoro – che altro posso fare? – iniziando a conversare con il mio vicino di posto.

Verso le sette, al momento di apparecchiare, la stanza contiene già una quarantina di persone, che aspettano in fila il loro turno per servirsi. Il menu, abbozzato su una lavagna bianca poco prima, è posto accanto ad una pentola in cui si raccolgono quel paio di sterline a testa (offerta libera) che serviranno a finanziare l’acquisto degli utensili da cucina.

“La cucina è strettamente vegetariana. Cerchiamo ovviamente di mangiare tutto, senza sprecare nulla”.

Ma People’s Kitchen non è che una delle tante organizzazioni dedite al recupero e al riutilizzo sociale degli scarti alimentari.

In Galles, fra pochi giorni, il collettivo This is Rubbish lancerà il progetto itinerante Feast, un tour fra comunità locali dove verrà promossa la cultura del riciclo attraverso caffè eco-sostenibili, workshops culinari, spettacoli teatrali e attività culturali.

Un gruppo giovane, quello del This is Rubbish, nato nel dicembre 2009 a Trafalgar Square in occasione di quel banchetto di ‘proporzioni bibliche’ in cui, diretti dell’autore di Waste, Tristam Stuart, una cinquantina di volontari nutrirono ben 5000 persone con pietanze altrimenti destinate alla spazzatura.

Nella capitale inglese stanno nascendo anche speciali cafè in cui è possibile condividere pranzi riciclati a prezzi sostenibili. Li gestiscono a rotazione i 500 volontari di una charity chiamata FoodCycle, ispirata al modello americano dei Campus Kitchen Projects.

Kelvin Cheung, fondatore di FoodCycle, si dichiara ammiratore di progetti come il People’s Kitchen, non mancando tuttavia di criticarne l’approccio troppo ingenuo: “L’obiettivo rimane quello di dare da mangiare ai più bisognosi e servire la comunità, non quello di fare sentire meglio i privilegiati figli di papà della middle-class.

Chissà che anche in Italia, terra della Cucina Povera e dello Slow Food, non si prenda in prestito da simili esperienze. Per ora, l’avanguardia rimane il pionieristico progetto di recupero Last Minute Market ideato da Andrea Segrè, preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna. Il suo recente Libro nero dello spreco: il cibo altro non è che il manifesto ideologico di questa scommessa per il recupero di quei cibi che si avvicinano alla loro “morte organolettica,” ma che conservano pressoché intatte le loro proprietà nutritive.

Lillo Montalto Monella è un giornalista investigativo residente a Londra, fotografo a tempo perso. Dalle intersezioni fra il Belpaese e l’estero nascono gli articoli che animano le pagine del suo blog, il Monella. L’ironia è lo strumento utilizzato per ridare vita alla notizia, prima che venga fagocitata acriticamente nella frenesia della quotidianità.

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