Piccola riflessione sul clash culturale fra Islam e Occidente, e viceversa ovviamente. Perché mi sembra tutto così fuori dal tempo, assurdo, sorpassato. Sbagliato. Anche noioso, devo dire, è tutto un déjà vu. Ma in nome di questo la gente si fa le peggio cose.

Barack Obama pare si voglia meritare l’immeritato Nobel per la Pace con il suo discorso, in cui dice agli israeliani che dovrebbero lasciare i territori occupati dopo la Guerra dei Sei giorni. Bravo. D’altronde, questo è il nodo centrale dell’ostilità ideologica del mondo musulmano – arabo, pakistano, afghano, africano ecc. – contro l’Occidente. Lo dicono tutti i musulmani che ho sentito al riguardo, da intellettuali come Ahmed Rashid a semplici studenti, camerieri, proprietari di kebab e così via.

L’olandese Geert Wilders invece, ledear del Party for Freedom (Pvv), il terzo partito politico nederlandese, e capo parlamentare del Pvv nel governo attuale, ha tenuto un discorso alla Cornerstone Church di Nashville, in Tennessee, intitolato Un ammonimento all’America il cui succo è: America, attenzione all’Islam perché vuole conquistare il mondo. E in Europa non si può neanche dire, pena la prigione e sanzioni varie. Tra l’altro, lui è stato cacciato dalla Gran Bretagna per incitamento all’odio e discriminazione. Certo, Wilders non è un politico della levatura e del potere di Obama, ma è molto ascoltato anche fuori dai confini olandesi, per esempio dagli induisti – che, ovviamente, non amano molto l’Islam.

Wilders dice che i musulmani vogliono stabilire il governo di Allah sulla terra, regolato dalla Sharia, la legge islamica. Dice anche che l’Islam vuole la sottomissione, tramite persuasione, intimidazione o violenza, di tutti i non musulmani. Tutto vero ma… Wilders parla dei fondamentalisti islamici. Non saranno tutti così, non sono tutti così. C’è stato un tempo, pochi decenni fa, in cui l’Afghanistan era uno stato islamico moderno e progressista. L’Iran anche, benché con Rehza Pahlavi fosse politicamente mezzo imbavagliato (ma sempre meglio di ora).

Eppure il clash culturale fra musulmani e non musulmani aumenta, a tutti livelli – politico, sociale, culturale. E aumenta anche l’intolleranza. Ieri al Cairo ci sono stati nuovi scontri fra musulmani e cristiani copti. A Cambridge in Massachusetts la chiesa cattolica di Saint Paul’s da anni viene criticata perché fa suonare le campane, e questo da quando un gruppo di musulmani ha protestato a colpi di carta bollata – anche se la preghiera del muezzin a Roxbury, un quartiere della vicina Boston, viene trasmessa con gli altoparlanti in tutto il quartiere. Persino in India l’intolleranza degli induisti contro cristiani e musulmani non è mai stata così forte.

Insomma, nonostante le prediche buoniste, i buoni propositi politici e personali, la lotta fra i due mondi, l’islamico e il non islamico, sta aumentando. Forse anche perché il non islamico è identificato con l’Occidente e quindi il potere, lo sfruttamento, il colonialismo, vecchie storie e vecchi rancori, problemi mai risolti, nodi mai sciolti. Eppure ora il vero potere è in mano alle grandi multinazionali. Sono loro la nuova religione, sono loro che decidono le sorti dei paesi, che si accaparrano le risorse, che invadono i mercati e influscono sulla politiche dei prezzi. Che dominano anche culturalmente con i prodotti di esportazione come film, format tv ecc.

E allora perché ancora ci ostiniamo a vedere il problema nelle differenze di religione? Come è possibile che ancora si identifichino i buoni e i cattivi in base al credo, che sia l’Islam, il cristianesimo, il buddhismo, l’ebraismo, l’induismo? Che la religione sia diventata un’idelogia buona a giustificare qualsiasi politica, anche la più becera? Che stiamo ancora a livello di tutti contro tutti? Siamo ancora nel medioevo o stiamo tornando al medioevo?

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