Delle due l’una. O Berlusconi è disposto a sacrificare le prerogative amministrative della capitale per “salvare” Milano dalle grinfie delle “bandiere rosse” che lo “turbano”. Oppure l’ultima strombazzata “sorpresa” sbandierata ieri dalla Lega e dal premier è l’ennesimo bluff di una campagna elettorale condotta in maniera disgregata e arrogante, tra lunghi silenzi post-scoppola e apparizioni a reti unificate in televisione.

Ieri Calderoli aveva annunciato: “E’ in arrivo una grossa sorpresa”. Che poi la sorpresa fosse stata immediatamente svelata, poco importa. L’effetto speciale aveva già raggiunto l’obiettivo: due ministeri spostati a Milano, uno a Napoli, sgravi fiscali, e via con tutto il contorno di ecopass abolito, righe blu sbianchettate. Ancora stamattina il leader della Lega Umberto Bossi sembrava crederci. A Varese per la festa della Polizia insieme al ministro Maroni, il senatùr ha confermato l’indiscrezione e poi garantito: “Tremonti premier? Lui e Berlusconi sono troppo amici, non succederà mai”. Insomma, tutto bene dentro la maggioranza, il governo è saldo, Milano resterà nelle mani di un centrodestra coeso e disteso.

“Tutte balle”, elettorali. Parola non di Pisapia e nemmeno di Bersani, che pure hanno gridato ai “saldi di fine stagione” ma di una costola della stessa maggioranza di governo. Una costola non da poco, quell’ala romana del Pdl che fronteggia quotidianamente sotto traccia lo strapotere leghista nelle scelte di governo.  A cominciare dal sindaco di Roma Gianni Alemanno. Che ha definito le promesse della Lega “pure balle” e spiegato di aver ricevuto “garanzie assolute” sulla permanenza delle sedi nella capitale, “dal premier, dai capigruppo Pdl e da tutta la realtà governativa che risponde al Pdl”. Chi ha ragione? E che cosa ha promesso Berlusconi agli uni e agli altri?

Il sindaco è tornato sull’argomento dopo aver letto l’intervista al ministro Roberto Calderoli sulla Padania, che questa mattina inserisce il decentramento ministeriale tra gli impegni dell’esecutivo per il prosieguo della legislatura. “Ribadisco sia alla Lega, sia al Pd che sotto sotto ci spera per poter far un po’ di speculazione elettorale, che queste sono delle pure balle: i ministeri non si muovono e non si possono muovere – sostiene Alemanno – possono fare tutti gli annunci e i lanci che vogliono, Roma è capitale secondo Costituzione e i ministeri e tutte le agenzie nazionali che qui hanno sede non si spostano e non si possono spostare. Il Pdl è il primo garante di ciò”.

Insomma, a sentire Alemanno la boutade di Calderoli resterà tale. E chissà che non diventi persino un boomerang. Anche Renata Polverini, del resto, questa mattina si è apertamente schierata contro il trasferimento ministeriale. Che la cosa sia improbabile, per non dire impossibile, del resto, potrebbe essere spiegato con un minimo di logica: basta immaginare di dovere trasferire qualche migliaio di dipendenti da una sede all’altra (più le famiglie, le case, le cose e via dicendo) per far desistere dal proposito. Non Berlusconi, che deve portare a casa entro sette giorni un nuovo miracolo elettorale e traghettare Letizia Moratti alla guida di Milano per la seconda volta partendo da meno 7% rispetto al “comunista” Pisapia. Nonostante lo scarso gradimento, nonostante la differenza tra i due, nonostante la Moratti – la polemica è stata inoculata da Il Giornale – sia stata apparentemente boicottata dall’ala ciellina del Pdl che fa capo al più potente – e popolare – Roberto Formigoni.

Che la ricucitura delle diverse anime della sinistrata maggioranza sia tutt’altro che compiuta, del resto, lo dimostrano le mille polemiche di questi giorni, dopo il disastro meneghino. Dai Responsabili che perdono il senso della responsabilità e si spezzano in due, ai distinguo di Scajola che chiede “più radicamento nel territorio”, alle voci fuori dal coro che chiedono al premier di togliere la faccia dalla campagna. Fino alla stessa Moratti, che questa mattina ha nuovamente marcato la differenza, seppur in modo elegante, con il presidente del Consiglio: “Si può dire in modo popolare o da borghesia illuminata – ha detto Letizia Moratti a chi le chiedeva un commento sull’espressione zingaropoli, rilanciata ieri da Berlusconi – ma il concetto non cambia”. “Nei nostri programmi – ha aggiunto – ci sono sostanziali differenze rispetto a quelli di Pisapia che noi abbiamo iniziato a sottolineare”. Chissà se Berlusconi, che ieri ha speso mezza giornata davanti alle telecamere per salvare lo scranno di Palazzo Marino, avrà apprezzato di essere messo nel popolino dalla Letizia illuminata.

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