Valuteremo tutte le azioni legali. È quanto i vertici della Banca Popolare dell’Emilia Romagna avevano dichiarato all’indomani della (decisamente) animata assemblea dei soci dello scorso 15 aprile, durante la quale non mancarono risse e accuse,  delle vere e proprie risse, che videro come protagonisti i fedeli dell’avvocato modenese Gianpiero Samorì, il professionista che da circa quattro anni tenta invano di scalare i vertici dell’istituto di credito modenese.

Oggi arriva il primo pesante provvedimento contro Samorì, nei confronti del quale il Consiglio di amministrazione (dopo aver consultato l’associazione nazionale delle banche popolari e la Banca d’Italia), all’unanimità, ha deciso l’espulsione, in base all’articolo 15 dello statuto (per “coloro che si siano resi responsabili di atti dannosi per l’interesse o per il prestigio della società”) dal libro dei soci, perdendo il diritto di voto.

Di mercoledì, infatti, la lettera di espulsione dal libro dei soci, che ha come destinatari Samorì (per le dichiarazioni fatte durate il periodo pre-assemblea), l’agguerrita e bionda moglie e altri due soci (per il comportamento tenuto durante l’assemblea), fedeli alla minoranza personificata dall’avvocato, i quali ovviamente manterranno intatti i propri diritti patrimoniali di azionisti.

L’avvocato Samorì, tesserato con il Popolo della Libertà, è uno stimato finanziere (è a capo della società Modena Capitale), molto vicino al fedele berlusconiano Marcello Dell’Utri, in passato anche presidente dei Circoli del buon governo.

Il centrodestra, non solo locale (considerando le influenti amicizie dell’avvocato geminiano), infatti, vede con piacere il possibile progetto di scalata bancaria di Samorì: dalla centralizzazione del gruppo bancario al Nord, all’acquisizione della Banca Popolare di Milano, ben voluta anche da parte della Lega Nord che – non si dimentichi – ha appoggiato l’attuale presidente Massimo Ponzellini, ex prodiano.

Anche per quest’anno l’avvocato, tuttavia, non è riuscito ad abbattere le barriere dell’attuale dirigenza, pur essendo lo stesso “protetto” da un ricco universo economico-finanziario: advisor, docente di diritto ad Urbino, editore (con Tv e un quotidiano, Modena qui, diretto da Rossano Bellelli, andreottiano convinto).

Nel ’90, non a caso, era al governo proprio Andreotti quando Samorì è stato insignito dell’incarico di commissario risanatore del Consorzio lattiero caseario italiano. Senza contare la lunga esperienza che vanta negli istituti di credito: Banca di Modena (successivamente ceduta a EmilBanca); Banca Modenese (oggi confluita in Carife). Il tutto coronato dal patrocinio di tutta la politica che (al centro-destra) conta.

Per quest’anno Samorì aveva provato a giocare la carta della diplomazia: era in atto, difatti, un accordo con la dirigenza bancaria affinché Samorì potesse mettere “uno dei suoi” in Consiglio di amministrazione. Ipotesi successivamente arenata.

L’assemblea di quest’anno, dunque, passerà sicuramente alla storia come quella della rissa, dove non è mancato l’intervento delle forze dell’ordine indaffarate a sedare un gruppetto di “rivoltosi” che inveiva contro la presidenza e la banca tutta.

La dialettica adottata da Samorì non è stata delle più leggere, avendo lo stesso sostenuto che, in occasione dell’assemblea, si era “consumato il reato di associazione a delinquere”. Accuse che si sono aggiunge a quelle scagliate anche nelle settimane precedenti, durante la “campagna elettorale”, sostenendo persino che la banca avesse trascurato il pericolo di infiltrazioni mafiose nella compagine societaria, data l’alta adesione di soci del Sud, anch’essi intervenuti in assemblea grazie ad un collegamento a distanza da Avellino e Lamezia Terme, nel calabrese, rivendicando l’onesta che era stata messa in discussione.

Ma nel marasma di accuse e contro-accuse Samorì non si è limitato all’arte oratoria, pur se aspra, e alle parole sono seguiti i fatti. Due, infatti, le risse che hanno animato un’assemblea dei soci: la prima al momento della chiusura delle prenotazioni agli interventi in assemblea (l’avvocato aveva tentato di fare ostruzionismo facendo iscrivere ben 328 persone, che avrebbe dovuto comportare ben 11 ore di lavori assembleari); la seconda quando il presidente della banca, Ettore Caselli, ha sospeso la discussione dopo i primi 55 interventi, durati oltre tre ore.

Momenti di tensione, con zuffe e insulti a gran voce contro il consiglio schierato sul palco dei locali di ModenaFiere, impedendo persino all’amministratore delegato Fabrizio Viola di esporre i dati di bilancio che successivamente i soci avrebbero dovuto votare. Da subito il presidente Ettore Caselli ha pubblicamente esposto l’intenzione di procedere “in tutte le sedi opportune – sono state le sue parole – per tutelare la banca di fronte agli attacchi ricevuti”.

Ed è così che l’ufficio legale della Bper ha raccolto tutta la documentazione necessaria per procedere alla tutela della propria immagine: articoli di giornale (acquisiti anche dalle forze dell’ordine presso le redazioni dei giornali), foto, filmati; un dossier dettagliato insomma che potesse testimoniare l’attività turbativa perpetrata da Samorì ai danni dell’attuale vertice bancario.

Samorì, che evidentemente di strategie legali difensive se ne intende, dunque, ha a disposizione due possibilità: o rivolgersi ai probiviri della banca (che entro 30 giorni potranno o confermare o annullare la decisione del Consiglio di amministrazione), o rivolgersi direttamente al tribunale ordinario (ipotesi largamente più accreditata), per chiedere l’immediata sospensiva dell’atto.

L’ennesimo smacco per l’avvocato modenese che, nelle scorse settimane, aveva già dovuto incassare la sconfitta della causa intentata verso la Bper e Fabrizio Viola, amministratore delegato della banca, per fare dichiarare la nullità di tre articoli statutari al fine di ottenere l’annullamento della delibera dell’assemblea ordinaria dei soci del 17 maggio dello scorso 2010 dove furono nominati (come ogni anno) anche sei membri del Consiglio di amministrazione.

Il Tribunale di Modena (con sentenza firmata dai magistrati Lucio Montorsi ed Enrico Saracini), infatti, ha respinto tutte le domande presentate dall’avvocato, in cui veniva anche richiesta la nomina dello stesso Samorì come amministratore delegato al posto di Viola. La decisione della magistratura, dunque, è costata a Samorì anche la condanna a rifondere le spese legali in favore della controparte, per un ammontare complessivo di 15.810,91 euro.

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