Non solo i cervelli fuggono dall’Italia, anche i cuori a volte lo fanno.

Oreste viene dalla Sardegna e vive a Dublino. Quando lo andiamo a trovare, la prima cosa che ci dice è di essere omosessuale. Sembra quasi una liberazione, un argomento che in Italia, anni prima, non aveva mai toccato. Non che la cosa in sé sposti di un millimetro la conversazione, ma ci rendiamo conto di quanto si senta più libero di parlarne, ora, a centinaia di chilometri di distanza da casa. È molto giovane e appassionato e ci racconta della vita che fa adesso: piccoli lavori di ripiego e nessuna certezza per il futuro, ma con una libertà e una felicità che in Italia non aveva mai conosciuto.

Marco viene dalla Sicilia e vive a Londra. Lui è più riflessivo e distaccato, ha un buon lavoro da professionista e convive con il proprio compagno ormai da diversi anni. Ci dice che Londra è un vero e proprio faro per tutte le persone Fabglitter (Fetish, Allies, cioè coloro che supportano gli omosessuali senza esserlo, Bisessuali, Gay, Lesbiche, Intersex, Transgender e Transexual Engendering Revolution), forse anche troppo, se le agenzie di viaggio ci fanno addirittura delle apposite campagne promozionali.

Di certo, considerando solo la capitale inglese e i suoi i locali più in, si può restare abbagliati dalla presenza sfolgorante di questa comunità spensierata e trasversale. Ma non bisogna confondere le animate notti di Soho con la vita reale nel Regno Unito e in Irlanda. Parlando di diritti, mentalità e società, la Gran Bretagna ha ancora dei passi da fare sulla via dell’integrazione completa, ma siamo comunque su un altro pianeta rispetto all’Italia. La distanza è notevole anche rispetto agli Irlandesi, anche se questi possono sembrare a volte cattolici più ferventi e cittadini più provinciali degli Italiani. Vent’anni fa in Irlanda si poteva parlare tranquillamente di discriminazione. Oggi abbiamo le prime coppie unite civilmente e il riconoscimento delle unioni celebrate all’estero.

Marco torna in Sicilia di tanto in tanto e a casa porta spesso il suo “amico”, con cui è molto intimo. In paese, alcuni sanno, altri capiscono, molti ammiccano, tutti fanno finta di niente. “Torneresti a vivere in Italia?” “Neanche ammazzato”. Oreste in Sardegna ci torna di tanto in tanto, in genere da solo. Gli amici sono tutti agli scout e alla parrocchia: meglio non parlare di certe cose. “Torneresti a vivere in Italia?” “Mi piacerebbe molto, ma penso di no”.

Certo, potrebbe sembrare che si tratti solo di andare fuori casa, dove non ti conosce nessuno e non ti interessa nulla di cosa pensano gli estranei. Ma in verità non si tratta solo di questo, se l’uomo del governo italiano con delega alle politiche familiari, Carlo Giovanardi, sbandiera da anni opinioni discriminatorie sulle famiglie omosessuali, o se l’Europride di Roma è occasione per la società italiana più di polemiche che di riflessione. Si tratta piuttosto di andare a vivere in paesi dove la civiltà dei diritti e del rispetto è arrivata meglio e prima, dove non solo il cervello trova lo spazio per esprimersi, ma anche il cuore, in fuga da un’Italia soffocante e ignorante.

Quando sono lontani da casa, Marco e Oreste vivono un’altra vita: la propria.

di Mauro Longo, giornalista freelance a Cork, Irlanda

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