Ultimamente, con la ripresa di Diletta, i nostri impegni sono aumentati. Poi un bel giorno mi ha telefonato la Dirigente scolastica per chiedermi se ritenevo di voler far fare il test INVALSI a Diletta.

Ho imparato a contare fino a dieci in tre diverse lingue prima di rispondere a provocazioni del genere, e così ho risposto garbatamente: “gli altri alunni portano l’autorizzazione dei genitori?”.

Risposta della Dirigente: “No, ma per Diletta è diverso. La sua prova è una simulazione, solo così per farla partecipare”.

La mia risposta: “Mi lasci riflettere e la richiamo più tardi”. Ero troppo arrabbiata per l’insulto.

Alla fine ho scritto un’autorizzazione provocatoria e spiritosa (biforcuta ma ironica) e l’ho trasmessa via fax. Ho scritto che autorizzavo la recita INVALSI per mia figlia, pregando però di provvedere a comunicare il contenuto della prova perché avrei utilizzato detta prassi decisa dalla dirigenza nei modi e nei tempi ritenuti idonei.

Ringraziavo per l’attenzione, la partecipazione di un intero gruppo di docenti impegnati a prendere in giro Diletta, ad insegnarle gratuitamente alcuni rudimenti di teatro.

Salutavo cordialmente. Tanto la rapa non fa sangue. Meglio parlare con Diletta che imbattermi nelle ignote lesioni cerebrali che inibiscono le funzioni cerebrali di talune dirigenze.

Diletta conferma che vuole fare il test. Mi dirigo dal prof. di Italiano che appoggia in toto la scelta sostenendo che Diletta è in un momento di grande motivazione e recupero e che sicuramente una competizione con un obiettivo posso essere il giusto mordente per ottenere impegno.

Studiamo il PEI (Progetto Educativo Individuale), e stabiliamo cosa fare.

Diletta scimmiotta uno scimmiottesco test (inutile a mio avviso per tutti gli alunni). Chiunque abbia dei figli a scuola, se si è interessato al test, si sarà reso conto delle assurdità che sono accadute. Scuole in gita che rifaranno i test con le stesse domande, rotazione dei docenti che non c’è stata, orari e tempi sfalsati.

Però l’obiettivo di spendere un po’ di soldi è stato raggiunto: in questo siamo sempre in pole position.

Tant’è… e Diletta è tornata a casa. Il bicchiere mezzo vuoto? Discriminata, insultata e offesa.

Ma io voglio quel bicchiere mezzo pieno: la discriminazione vera è il test. Nasce uno strumento inutilizzabile con utopiche costruttive finalità che si traduce in una bufala.

Sarà per questo che le mie figlie hanno avuto il test l’11 maggio?

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