Non è detto che gli attentatori di piazza Djema el Fnaa riescano nel loro intento di mettere in crisi l’arrivo di turisti in Marocco. Finora in questi primi mesi del 2011 proprio il Marocco è stata la nazione che meglio ha retto al calo di turisti nei paesi arabi e nordafricani in genere. E dopo l’attentato non c’è stata fuga di turisti, segno che forse sarà interpretato per quello che è: un episodio gravissimo ma che non è in grado di ripetersi frequentemente.

Invece Tunisia ed Egitto, gli unici che sono riusciti a cacciare i propri tiranni e ad avviare una nuova storia, sono i paesi più colpiti dalla paura. Non solo – com’era comprensibile – nel periodo dei  grandi scontri di piazza, della resistenza violenta del potere, ma anche dopo, quando la vita si è normalizzata.

Il tema del turismo è di importanza economica, psicologica e in definitiva politica decisiva in questi paesi.

In Tunisia le cifre ufficiali dicono che il turismo ha un peso del 9% sul prodotto interno lordo. Ma ancora maggiore è il peso sull’occupazione, se si tiene conto che è in parte legato al turismo quel 55% del totale dei posti di lavoro che viene definito “servizi”.

Solo nei primi mesi di quest’anno gli arrivi di non residenti in Tunisia sono più che dimezzati, (meno 57%) e bisogna tenere conto che nel 43% rimanente ci sono i va e vieni degli immigrati regolari in Europa.

I flussi di turisti europei sono calati al minimo, per una preoccupazione eccessiva e irrazionale di incappare in problemi di ordine pubblico o di sicurezza. (Tragico il paradosso di chi ha pensato che il Marocco fosse invece sicuro. D’altra parte l’episodio marocchino è del tutto isolato, come l’eruzione di un piccolo vulcano.)

Il governo provvisorio tunisino sta cercando di correre ai ripari, e pensa a una campagna di promozione in Europa. C’è una proporzione diretta tra l’aumento congiunturale della disoccupazione in Tunisia e la crisi del turismo. Si può dire – come ha scritto un commentatore sul tunisino La Presse – che se gli italiani vogliono davvero meno sbarchi a Lampedusa dovrebbero tornare a fare vacanza e visite in Tunisia.

Il sindaco di Parigi Bertrand Delanoe ha fatto appello ai suoi cittadini perché riprendano a far vacanza in Tunisia.

Il tema si lega anche con la preparazione delle prime elezioni libere che si terranno il 24 luglio.

C’è stata ad Hammamet sabato 23 aprile una inedita singolare manifestazione di piazza di 4 mila persone, organizzata dalla federazione degli alberghi e delle agenzie di viaggio della zona, con la parola d’ordine “touche pas a mon tourisme”, difendiamo il turismo. Oltre alla richiesta di provvedimenti pubblici di difesa del settore era evidente l’intenzione di mettere le mani avanti rispetto a certe impostazioni che potrebbero emergere dagli islamisti. “Vogliamo una Tunisia moderna democratica e tollerante”, dicevano  i promotori. E pensavano alla  manifestazione che c’è stata a Tunisi di alcune centinaia di islamisti contro i concerti rock, o a certi articoli e discorsi – per la verità minoritari – sulla opportunità di orientare il turismo verso un pubblico astemio e morigerato come quello medio-orientale.

La Tunisia guarda col fiato sospeso alle prenotazioni, finora scarsissime di giugno e luglio lungo la costa.

Prima di analizzare più complessi programmi di cooperazione – per i quali la Francia ha invitato la Tunisia addirittura al prossimo G8 – un gesto semplice e concreto per incoraggiare la prima nuova democrazia araba, l’avamposto della “caduta del muro”, sarebbe quello di comprare un biglietto per Tunisi.

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