Peggiora la situazione della Mandarina Duck, ex azienda modello del settore manifatturiero del territorio bolognese. Dopo la rinuncia del fondo inglese Emerisque, che avrebbe dovuto entrare come azionista e che avrebbe garantito la necessaria ricapitalizzazione, i vertici l’azienda hanno annunciato che entro la fine di maggio trenta dei 75 dipendenti impiegati all’interno dello stabilimento di Cadriano di Granarolo saranno messi in mobilità.

Nonostante la notizia fosse già circolata alla fine della settimana scorsa, è arrivata come una doccia gelata sui dipendenti, che oggi hanno organizzato un presidio fuori dalla provincia di Bologna in occasione del primo incontro del tavolo di crisi che l’assessore alle attività produttive Graziano Prantoni ha aperto su richiesta della Filctem-Cgil. Dopo lo sciopero indetto per oggi dalle 13 a fine turno, infatti, i lavoratori hanno atteso con impazienza il risultato della riunione, alla quale hanno partecipato oltre all’assessore e ai delegati sindacali, anche il direttore dell’azienda Massimo Gasparini e il sindaco di Granarolo, Loretta Lambertini che ha espresso da subito il suo pieno appoggio.

È un passato glorioso quello della Mandarina, considerata fino a pochi mesi fa una delle aziende simbolo della provincia sia dal punto di vista della qualità del prodotto, diffuso in tutto il mondo, che da quello dell’occupazione femminile. Attualmente l’azienda dà lavoro a 150 persone tra produzione e punti vendita e fino all’anno scorso fatturava 50 milioni di euro. Ma questo non è stato sufficiente a fare fronte alla crisi economica che ha portato un significativo calo degli ordinativi. Altro punto dolente è senza dubbio il fallimento del colosso della moda Mariella Burani, che dal 2006, tramite la controllata Antichi Pellettieri, è proprietaria del 42% di Mosaicon, di cui fa parte Mandarina Duck, mentre il restante 58% appartiene al fondo inglese 3I, che non intenzionato al momento a ricapitalizzare.

“I vertici dell’azienda hanno spiegato che la ricapitalizzazione – ha spiegato Marco Grandi di Filctem-Cgil – era più che mai necessaria, per fare fronte a ordinativi già esistenti”. Dunque il lavoro sembrerebbe esserci, magari non tanto quanto prima della crisi, ma sicuramente la situazione non sarebbe così tragica come per altre realtà produttive della provincia. Ciò che manca sono i fondi da investire nella produzione, non tanto la richiesta del prodotto da parte del mercato.

Sicuramente il tracollo di Burani non ha giovato all’azienda di Cadriano, e ora che anche le trattative con Emerisque sono sfumate, per altro per cause non del tutto chiare secondo il sindacato, i vertici aziendali si sono detti intenzionati a procedere a una necessaria ristrutturazione immediata partendo proprio da una pesante diminuzione dell’organico. “Si tratta di un taglio di quasi il 50% del settore produttivo dell’azienda – ha sottolineato ancora Grandi – è ovvio che dobbiamo tentare di trovare strade alternative”.

Non mollano dunque i lavoratori e il sindacato che sono riusciti ad ottenere una serie di incontri con i vertici aziendali già dalla settimana prossima, nel corso dei quali “si potranno valutare soluzioni condivise diverse dalla mobilità”. Soluzioni diverse come l’utilizzo di cassa integrazione con la speranza che nel frattempo arrivi un altro investitore? È un’ipotesi, ma mancano venti giorni alla data stabilità dall’azienda per l’apertura della mobilità. Il tempo stringe.

Articolo Precedente

Campagna elettorale a Bologna: scomparsi i programmi, restano i veleni

next
Articolo Successivo

La Regione in difficoltà
Decine di migranti in strada

next