Sono arrivati al calar del sole, hanno preso possesso «dell’Arena» e dopo averla conquistata con oltre due ore e mezzo di musica, sono spariti nel nulla. Stiamo parlando di Vinicio Capossela «e la sua ciurma», naturalmente. Dopo aver fatto bottino pieno a Vicenza e Parma, qualche giorno fa l’allegra brigata si è ripetuta all’Arena del Sole di Bologna.

L’ennesima incarnazione musicale di Capossela si compie attraverso il mare e le sue storie. Il palco rimanda all’enorme scheletro della balena bianca, le gigantesche costole semoventi delimitano lo spazio in cui l’orchestra opera. Il chiarore abbagliante delle vele si dispiega attraverso le ombre, sopra un fondale scenografico che rimanda ai poderosi vascelli di un tempo. «La marmaglia» che abita il palco, suona ogni possibile strumento: dal Banjo al basso tuba, dal trombone alle chitarre, ma questo e solo l’inizio, durante la serata troveranno spazio anche i gamelan dell’Indonesia, la lira cretese, il theremin, le arpe, i fiati, le conchiglie e chi più ne ha più ne metta.

L’inizio del viaggio è comandato da una flebile luce: «Sarà lungo e faticoso» dice il cantante «Rilassatevi, mettetevi a vostro agio, racconteremo storie difficilmente verificabili; del resto anche lo sceicco è stato buttato in mare». Vinicio indica la rotta dello spettacolo, il pubblico in visibilio ringrazia.

L’oceano è sinonimo di mistero, esso si svela attraverso il suono soave della Ghironda («Oilalà») e tra un rintocco di campana e l’altro, la serata entra nel vivo. Dimenticatevi le atmosfere da circo barnum del tour precedente. La donna mangiafuoco come per magia assume le fattezze di una sirena ammaliante, il gigante, quelle del ciclope; i personaggi che abitavano i sogni e gli incubi del passato, lasciano spazio a nuove visioni oniriche, quelle di un artista che non finisce di stupire.

Capossela vive di luce propria, vestito di tutto punto (gli abiti di scena sono stati appositamente disegnati per il tour da Antonio Marras) “fa e disfa” come gli pare e piace. Le canzoni del nuovo album brillano come fossero diamanti, incastonati al centro di un concerto progressivamente entusiasmante. «La Bianchezza della Balena» si snoda attraverso una tempesta di suoni stemperata dai cori («Fuochi fatui») e dalle note rassicuranti di «Pryntill», il primo singolo estratto da “Marinai, Profeti e Balene”.

Nemmeno il tempo di respirare che il cielo si fa nuovamente scuro. «Vinocolo» invoca il ciclope, il gigante avanza minaccioso conquistando il centro del palco; il suono corposo della canzone sembra mitigarne l’azione, mentre le maschere mitologiche poste ai lati fanno il resto. Applausi a scena aperta. La musica a tratti diviene un semplice complemento per raccontare il pregresso del nuovo progetto. La scaletta – però – non concede tregua, « Nostos» evoca nostalgia ma le onde del mare corrodono anche il ricordo più caro («Dimmi Tiresia»). «La ciurma», sottovoce alimenta le canzoni sostenendone l’equilibrio. Ma è già tempo di rifiatare.

La folla richiama a gran voce Vinicio, nuovamente salito a prua, giusto per ricantare – ancora una volta – i suoi grandi classici. «Scivola Vai Via» è un tuffo nel passato: «Ogni goccia di pioggia poteva rappresentare una bufera d’amore» dice la canzone. «Che Cos’è L’amor» rivive invece tra gli effluvi del rum, quello bevuto «dalla banda», pronta a sospingere – come fosse vento nelle vele – la canzone, per farla risplendere ancora una volta.

La serata si avvia verso la fine. Ma prima di salutarsi, c’è il tempo per ascoltare una versione al cardiopalma di «All’Una e Trentacinque Circa», con Jimmy Villotti e Leo Ciavarella special guest. Giusto per impreziosire le magiche note della canzone ma soprattutto per continuare a fare festa. «L’uomo Vivo» celebra il mito: la folla – incontenibile – agita il teatro, divenuto – a conti fatti – una bolgia.

Capossela abbraccia idealmente il pubblico e come di consueto «benedice i fedeli» con «Ovunque Proteggi». Il pezzo scandisce il tempo dei saluti, non prima di aver richiamato all’ordine «i pendagli da forca» che lo accompagnano in questa nuova avventura: Glauco Zuppiroli (contrabbasso), Vincenzo Vasi (vibrafono e al teremin), Alessandro Stefana (chitarra), Zeno De Rossi (batteria), Achille Succi (Clarinetti), Mauro Ottolini (fiati), Francesco Arcuri (sega, autoharp, falutofono, Santoor) e «Il Coro degli Apocrifi».

C’è spazio per l’ultimo canto, quello dolce e suadente de «Le Sirene». Vinicio «si tappa le orecchie» salutando il suo pubblico.

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