È il 6 febbraio 1994, quando al Palacongressi di Bologna arriva l’allora sindaco della città, il pidiessino Walter Vitali, a portare il suo saluto al congresso del Carroccio: “Stavo quasi per finire il mio discorso – ricorda Vitali – quando parlai di solidarietà tra regioni più ricche e regioni più povere, tra nord e sud e i delegati della Lega iniziarono a fischiare e a protestare”. Oggi che è senatore del Pd, Vitali ci tiene a ricordare di non aver subito alcuna aggressione fisica, anche se le cronache riportano che dovette andar via protetto dai carabinieri.

A guidare la claque contro il sindaco bolognese fu Rosi Mauro, la “pantera della Lega”, l’ombra del senatur, la donna che anche stasera vedremo a fianco di Bossi e di Manes Bernardini durante il comizio in Piazza Maggiore. Rosi Mauro, attuale vicepresidente del Senato, allora fischiava “con quattro dita in bocca”, scriveva Michele Smargiassi su Repubblica. Molte cronache riportano che fu lei a far partire i fischi dei delegati leghisti contro il sindaco e all’allora cronista della Stampa, Augusto Minzolini, Rosi dichiarò di non essere affatto pentita. “Anzi, sono pronta a rifarlo. E chi se ne frega se la stampa strumentalizzerà l’episodio, se dirà che siamo antidemocratici”.

Non erano giorni qualunque quelli, per l’Italia e per la Lega. Silvio Berlusconi era sceso in campo da pochi giorni e, corteggiato dal Cavaliere, Umberto Bossi doveva decidere, proprio sotto le Due Torri, se accettare l’alleanza o meno in vista delle elezioni politiche di fine marzo, le prime col sistema maggioritario. “Diventai un po’ il simbolo dell’idea di unità nazionale contro la Lega che invece voleva dividere l’Italia e fare la secessione”, ricorda oggi Vitali. La contestazione fece scalpore e seguirono diverse manifestazioni del Pds a Bologna e in Emilia, che però non servirono ad arginare la piena della Lega, che conquistò tanti parlamentari, contribuì all’ascesa di Berlusconi e andò per la prima volta al governo.

Vitali non ricorda Rosi Mauro, che allora era solo un astro nascente del Carroccio, a capo del Sal (il sindacato leghista). “L’ho conosciuta solo al Senato”. L’ex sindaco di Bologna ricorda piuttosto il silenzio dei vertici della Lega. “Nessuno intervenne per fermare l’aggressione”. Nella sala quella domenica mattina non c’era Umberto Bossi, che arrivò solo al pomeriggio, ma c’era Roberto Maroni e c’era Francesco Speroni, oggi eurodeputato, noto perché ultimamente ha proposto di sparare ai barconi di immigrati. Allora Speroni, dopo aver provato timidamente a calmare i delegati, lasciò fare e alla fine tacciò il discorso di Vitali come un’“interruzione provocatoria”. Vitali ricorda: “Bossi e Maroni tentarono di minimizzare l’accaduto nei giorni successivi”.

Il candidato sindaco leghista di oggi, Manes Bernardini, allora era un giovanissimo leghista, mentre oggi affiancherà il suo capo dal palco di Piazza Maggiore, un sogno. Conserva una foto con Miglio e Bossi di quel congresso Ma quando gli chiedi se ricorda quella contestazione che infuocò la sala e fece parlare tutta Italia, lui che pure faceva parte del servizio d’ordine, risponde: “No, non ricordo questo passaggio ero troppo preso, e la vivevo con la spensieratezza dell’età”. Sarà stato così distratto?

Si dice che allora dietro le quinte Bossi si arrabbiò coi suoi per aver esagerato, eppure lo sfogo della base mise in luce quella che sarebbe stata da allora, e ancora oggi, la cosiddetta pancia leghista: “La solidarietà era un nervo scoperto per la base della Lega – ricorda Vitali – ma io non pronunciai quella parola per provocare, lo feci assolutamente in buona fede”. Poco dopo aver parlato di solidarietà il sindaco Vitali fece anche un accenno alla strage appena avvenuta al mercato di Sarajevo, durante l’assedio della città da parte delle truppe serbe. La risposta della base leghista, riportata dalla Repubblica fu questa: “colpa vostra!”, “vacci tu in Bosnia!”, “cazzi loro!”.

di David Marceddu

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