Non sono ancora definitivi i risultati delle elezioni locali e nazionali (Scozia, Galles e Irlanda del Nord), ma il Regno Unito si ritrova oggi con uno scenario politico mutato. Non troppo bene il Labour, che pur avanzando in Inghilterra e Galles arretra decisamente in Scozia. A Edimburgo è una valanga per lo Scottish National Party (Snp), socialdemocratico e indipendentista, che dal 2007 forma un governo di minoranza. Tengono i Conservatori di Cameron, mentre male, molto male vanno i Lib Dem di Nick Clegg, che pagano evidentemente il prezzo per aver svenduto, nell’accordo di governo con i Tories, le loro politiche tradizionali: dalla difesa dell’università, le cui rette sono invece triplicate, alla sanità, al pubblico impiego.

Ancora mancano, e non arriveranno che in tarda serata, i risultati del referendum sul sistema elettorale. Uno scontro epico, tra i sostenitori dell’attuale maggioritario secco (chi prende un voto in più vince l’intero collegio) e i propugnatori di un correttivo, non certo proporzionale, ma almeno maggiormente rappresentativo, che premia i candidati in base alle preferenze loro assegnate. Cameron e i suoi a favore del sistema attuale, Clegg e i Lib Dem per la riforma. E anche qui, tutti i sondaggi annunciano una sconfitta schiacciante per i riformatori, Clegg per primo.

Il referendum del 5 maggio fu, un anno fa, una delle condizioni principali per l’entrata dei Lib Dem in un governo altrimenti senza maggioranza parlamentare. Eppure la campagna per il sì al cambiamento del sistema elettorale, non solo è annegata nella noia di un tema che non ha appassionato gli elettori, ma in più ha lacerato gli esponenti di governo (e anche i laburisti si sono divisi) in una rissa continua. Che certo dovrà ricomporsi, dato che la legislatura ha ancora 4 anni davanti a sé. Ma con ferite profonde che peseranno sul futuro della coalizione.

Qualcuno già chiede la testa di Nick Clegg, colui che ha voluto l’accordo con Cameron, trascinando il suo partito in un abbraccio, secondo alcuni dei suoi esponenti innaturale, con i Conservatori. Il prezzo del governo si paga “e noi dobbiamo imparare la lezione”, ha dichiarato l’ex golden boy della politica britannica, l’Obama sul Tamigi, che solo un anno fa faceva impazzire mamme, figlie e studenti universitari in cerca di una sinistra “riformista” (ma non laburista) e nuova di zecca. Sic transit gloria mundi. Il governo logora in fretta, a Londra. Soprattutto chi non mantiene le promesse.

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