Il capo dei talebani, il mullah Omar

L’uccisione di Osama Bin Laden apre per gli Stati Uniti nuove prospettive per mettere fine alla guerra in Afghanistan. Come già nei giorni scorsi (Leggi l’articolo di Luigi Franco), l’opinione pubblica e soprattutto gli organi d’informazione si interrogano sulla strategia più opportuna per chiudere il più velocemente possibile lo scenario afghano. L’Amministrazione Obama, scrive il Washington Post, che cita funzionari Usa coinvolti nelle questioni afghane, sta studiando il modo di sfruttare l’eliminazione del leader di Al Qaeda per accelerare un accordo negoziale con i talebani e l’uscita dal conflitto.

Innanzitutto, i funzionari americani ritengono che ora sarà più facile per il Mullah Omar, storico leader talebano a capo della fazione più influente degli studenti coranici, rompere l’alleanza con al Qaeda, uno dei requisiti principali chiesti dagli Stati Uniti per avviare qualsiasi trattativa di pace. Inoltre, si ritiene che la morte di Bin Laden possa rendere più accettabile, agli occhi dell’opinione pubblica americana la prospettiva di colloqui di pace con i talebani, mettendo al riparo il presidente Obama dai critici che lo accuserebbero di negoziare con i terroristi. Chiedendo di mantenere l’anonimato, come le altre fonti interne citate dal Washington Post, un funzionario di alto livello dell’Amministrazione spiega che, “la morte di Bin Laden cambia ogni cosa, è l’inizio della fine del nostro coinvolgimento in Afghanistan”. Un suo collega ritiene che l’uccisione del capo di Al Qaeda “presenta un’opportunità per la riconcilizaione che prima non esisteva”. Entrambi i funzionari, sono stati impegnati negli ultimi due giorni in serrate discussioni e riunioni strategiche su come sfruttare la morte di Bin Laden per avviare colloqui di pace.

Tuttavia, i funzionari Usa sono consapevoli delle difficoltà nel portare al tavolo di pace le varie fazioni talebane, proprio per l’assenza di interlocutori identificabili. Gli sforzi della Casa Bianca, inoltre, dipendono anche dal ruolo del presidente afghano Hamid Karzai, al quale spetterebbe la conduzione del processo di pace e da quello del Pakistan, i cui servizi di intelligence potrebbero interferire nelle trattative. Uno dei due funzionari citati dal Washington Post, ammette: “Sappiamo dove vogliamo andare, ma arrivarci non sarà facile”

Anche la Francia intanto prende in considerazione un ritiro anticipato dall’Afghanistan. All’indomani di un incontro con il primo ministro pakistano Yusuf Raza Gilani a Parigi, il ministro degli Esteri francese, Alain Juppè, non ha escluso le truppe del proprio paese possano rientrare entro il 2014 e ha insistito sulla necessaria cooperazione con il Pakistan. In un’intervista all’emittente France 24, il capo della diplomazia francese ha ribadito che la Francia “rifletterà sulle conseguenze da trarre nei prossimi mesi di quello che succede” dopo la morte di Osama bin Laden. A proposito di un ritiro prima del 2014, Juppè ha detto che “è una delle opzioni sulle quali stiamo riflettendo. D’altra parte ci pensano pure gli americani”. Lo scopo “della nostra presenza in Afghanistan – ha aggiunto Juppè – non era quello di eliminare bin Laden, era ed è sempre quello di aiutare il governo afghano a ristabilire la sua autorità su tutto il territorio del paese e ad assicurare la pace e la democrazia alla sua popolazione”. “Purtroppo – ha proseguito il capo del Quai d’Orsay – il risultato oggi non è ancora raggiunto. Spero che la morte di bin Laden ci consenta di progredire”.

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