Il processo agli 8 vigili urbani accusati di aver pestato e insultato Emmanuel Bonsu, giovane ghanese residente a Parma, si complica. Alcune testimonianze fornite sia dai ragazzi che, la sera del pestaggio (il 29 settembre 2008) furono fermati e portati in comando, sia dagli agenti della polizia municipale coinvolti marginalmente nell’accaduto, mostrano delle falle.

A essere messe in discussione sono le dichiarazioni rilasciate dai giovani che quella sera furono fermati in quanto presunti acquirenti di droga dal pusher (stessa motivazione che aveva portato al fermo di Bonsu, ndr), per quanto alcuni di loro avessero dichiarato di non c’ entrare nulla. Ma si è aggravata, e di molto, anche la posizione di uno dei vigili che il 29 settembre aveva eseguito la perquisizione sul vero pusher fermato al parco Falcone e Borsellino.

Se la versione e la testimonianza del giovane ghanese si è dimostrata solida sotto i colpi di legali e dei pm, ora sono i testimoni a dimostrare qualche titubanza e qualche contraddizione. Tanto che la scorsa udienza, il 19 aprile, si era conclusa con l’ invio in Procura degli atti da parte del giudice Paolo Scippa. Allora, infatti, uno dei tre ragazzi fermati – al tempo minorenni – era entrato in contraddizione con quanto affermato al pm, Roberta Licci, in corso di interrogatorio. Il giovane si era dimostrato reticente e a domande specifiche sul suo rapporto con Emmanuel Bonsu: non rispondeva, o lo faceva in modo difforme da quanto aveva dichiarato precedentemente. Stessa situazione, anche se meno grave, si è verificata oggi. Il giudice ha dovuto sospendere l’audizione di uno dei giovani teste invitandolo a presentarsi alla prossima udienza, il 17 maggio, con il proprio legale. Il giudice ha ritenuto si potessero verificare degli estremi di reato, dato che alcune dichiarazioni del ragazzo non corrispondevano a quanto affermato sotto interrogatorio. In particolare il giovane fermato dai vigili la sera del 29 settembre 2008 aveva dichiarato al pm di non aver avuto rapporti con il “vero” pusher, poi arrestato dalla polizia municipale. Oggi, invece, ha rivelato di aver parlato con lui poco prima dell’ irruzione dei vigili in borghese. Il ragazzo rischia quindi l’accusa per false dichiarazioni.

Situazione simile per uno dei vigili coinvolti marginalmente nell’ accaduto, Matteo Fracassi. L’agente in aula ha affermato di aver preso parte alla perquisizione del “vero” pusher, fermato quella sera dopo Bonsu, in aiuto al suo superiore. Ma al termine della perquisizione non è stato redatto alcun verbale. In questo caso la presunta inadempienza alle norme che regolano l’esercizio dell’attività di polizia giudiziaria ha indotto il giudice a chiedere al teste di presentarsi alla prossima udienza con il proprio legale difensore, rischiando l‘accusa di falso ideologico.

Il legale di Bonsu, costituitosi come parte civile nel processo contro gli 8 vigili accusati di averlo pestato e insultato in modo violento e razzista, si dice comunque tranquillo. “Il processo si complica, ma non si mette in discussione nulla – spiega Maria Rosaria Nicoletti -. Si tratta semplicemente di piccoli tasselli di un grande puzzle, che comunque non cambia”.

Ora, spetterà alla Procura accertare se, per i teste, le ipotesi di reato sono veritiere e vertono sul penale o se il reato non sussiste. Intanto, il prossimo appuntamento in tribunale è stato fissato il 17 maggio, alle 10.30, quando saranno chiamati a testimoniare il giovane e Fracassi, insieme ad altri due vigili coinvolti solo in parte nell’operazione al parco Falcone e Borsellino.

di Caterina Zanirato

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