Osama bin Laden insieme al braccio destro al-Zawahiri

Dopo la morte del leader di al Qaeda Osama bin Laden, si apre il problema della successione all’interno dell’organizzazione terroristica. A prendere il comando, anche secondo l’ex capo dei servizi pachistani di intelligence (Isi), il generale a riposo Hamid Gul, sarà il braccio destro dello sceicco saudita, Ayman al Zawahiri, medico egiziano nato il 19 giugno 1951 (Leggi la sua scheda sul sito dell’Fbi), fra i fondatori di al Qaida alla fine degli anni Ottanta.

Cinquantanove anni, nato in una famiglia di magistrati e medici egiziani, il ‘dottore’, numero due dell’organizzazione di Osama Bin Laden, è a fianco dello ‘sceicco del terrore’ da oltre un decennio, da quando, in nome della comune lotta contro “gli ebrei e i crociati”, l’ala egiziana del jihad si unì a quella che faceva capo al miliardario saudita.

Entrato nei “Fratelli musulmani” a 14 anni -il gruppo radicale sunnita che ha ispirato Osama Bin Laden sin dall’inizio dei suoi studi in una scuola religiosa di Gedda – Al Zawahiri fu tra le centinaia di persone arrestate a seguito dell’assassinio del presidente egiziano Anwar al Sadat, il 6 ottobre del 1981. Rilasciato poco dopo, si recò in Afghanistan, dove si unì alla resistenza dei mujahidin contro l’occupante sovietico: fu allora che per la prima volta entrò in contatto con Bin Laden, con cui diede vita ad Al Qaeda.

Già nel 1996, gli Stati Uniti – che su di lui hanno posto una taglia di 25 milioni di dollari – lo ritenevano la minaccia più seria e credibile contro gli obiettivi americani. Come poi dimostrato dagli attacchi alle ambasciate degli Stati Uniti in Kenya e Tanzania, nell’agosto del 1998, costati la vita a oltre 250 persone.

Le autorità del Cairo lo ritengono responsabile anche dell’attentato nel novembre del 1997 a Luxor, nel quale morirono 62 turisti, per il quale è stato condannato a morte in contumacia.

Volto e voce di Al Qaeda – numerosi sono i messaggi video e audio che ha registrato in questi anni per incitare al Jihad, denunciare “i crociati, le cospirazioni sioniste e gli arabi traditori”- al Zawahiri fu già obiettivo di un raid americano all’inizio del 2006. Il 13 gennaio, la Cia lanciò un attacco a Damadola, un villaggio pachistano al confine con l’Afghanistan, dove credeva si trovasse il medico egiziano invitato a una cena di leader militanti. Nel raid morirono 18 persone, tra cui cinque donne e cinque bambini, mentre al Zawahiri, la cui presenza a quella cena non venne mai in realtà confermata, sfuggì all’attacco aereo americano.

In un messaggio audio del mese di aprile 2008, il numero due di al Qaeda definì le Nazioni Unite “un nemico dell’Islam e dei musulmani” e assicurò che Bin Laden era “vivo e in buona salute”. Nel gennaio successivo, in un nuovo messaggio, il medico egiziano giurò vendetta per gli attacchi israeliani su Gaza. Il 14 dicembre 2009 Zawahiri rilanciava l’appello a dar vita ad uno stato islamico in Israele ed esortava i suoi a “promuovere il jihad contro gli ebrei” e i loro sostenitori.

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