Uno sguardo dalla finestra, i primi applausi dalla manifestazione. La famiglia Coppola lascia la palazzina su cui erano incollati gli occhi dei duecento intervenuti nel parco pubblico di Sorbara per dire no al soggiorno obbligato di Egidio detto ‘Brutos’. L’ex gestore del racket casalese a Castelvolturno, ancora due anni fa in regime di carcere duro, non immaginava che “il can can dei sindaci” (ipse dixit) ne avrebbe messo in discussione la residenza prescelta.

Egidio Coppola, uscito dal carcere dopo una condanna a 7 anni nel processo Spartacus, da giorni si trova con la moglie e i tre figli nell’abitazione presa in affitto a Sorbara all’inizio dell’anno. Ma il tribunale di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere, in camera di consiglio da giovedì, non ha ancora sciolto la riserva sulla sua istanza. Di certo sta pesando il parere negativo di istituzioni e inquirenti, che si sono ritrovati con Libera e Avviso pubblico (associazione di 180 Comuni italiani) per ricordare Angelo Vassallo e ribadire il no all’ennesimo confino di un ex detenuto per mafia.

I cittadini sono arrivati lentamente, dietro i sindaci e le associazioni, temendo l’identificazione dell’Antistato. In un quartiere dove il circolo Arci è stato chiuso lo scorso maggio perchè ospitava riunioni di casalesi e noto come base di Antonio Pagano, braccio destro del sanguinario capozona Raffaele Diana, oggi detenuto come quasi tutti i fedelissimi. In una frazione, Sorbara, dove gravitarono latitanti oggi pentiti come Domenico Bidognetti e Luigi Guida, che da boss del Rione Sanità affiliato ai Bardellino in chiave anticutoliana finì, esattamente come Coppola, a gestire il racket per conto di Francesco Bidognetti sul litorale domizio.

In un Comune, Bomporto, dove l’ esplosione edilizia e demografica (da 2500 a 10mila residenti in due lustri) non ha conosciuto un rafforzamento dei carabinieri, ancora cinque stretti in un’abitazione adibita a Caserma. A molti è tornato alla mente il fantasma di chi dettava la legge di Francesco ‘Sandokan’ Schiavone.

Raffaele Diana, oggi all’ergastolo, arrivò in soggiorno obbligato nel 1990 dietro al Municipio di Bastiglia seminando il terrore tra i paesani e i guadagni sporchi. Il pizzo imposto anche in termini di forniture e subappalti, la fuga della camorra perdente dei De Falco e della mala del Brenta di Felice Maniero, la gambizzazione 4 anni fa a Castelfranco dell’imprenditore Giuseppe Pagano reo di averlo denunciato. Ma la dominazione casalese è soprattutto (nonostante i duri colpi inferti all’ala militare e i sequestri per centinaia di migliaia di euro) profonda infiltrazione nell’economia legale grazie ai colletti bianchi in grado di aprire le porte giuste e di fare da cerniera con le cosche calabresi e le cellule di corleonesi.

In queste terre un tempo note solo per il Lambrusco, il sindaco di Bomporto Alberto Borghi ha chiesto ai cittadini di vincere “l’altissima omertà”, tradotta in “sottomissione e paura” da Paolo Rizzo dell’associazione locale Pace e Solidarietà. Sostenuto dai sindaci del distretto, Regione (presente l’assessore alle attività produttive Giancarlo Muzzarelli), Provincia (sul palco il presidente Emilio Sabbatini), associazioni di categoria (da Api a Confesercenti) e sindaco di Modena Giorgio Pighi che ha invocato una modifica legislativa sulle richieste di residenza, spesso “legate allo spostamento dell’ attività illegale”.

Ha voluto esserci anche il sacerdote anti-camorra, figura sconosciuta che colma un ritardo ecclesiastico (è arrivato un messaggio di solidarietà dal vescovo Antonio Lanfranchi) al nord. Don Paolo Boschini, oggetto di intimidazioni nei giorni scorsi per aver denunciato lo sfregio alla mostra su Scampia di Davide Cerullo, è giunto a bordo della sua bicicletta, chiara risposta al parrocchiano che nei giorni scorsi lo aveva invitato a desistere “perché la camorra non esiste, è un’invenzione dei razzisti del nord”.

La tensione si è stemperata, coi carabinieri e i responsabili della Prefettura a controllare eventuali infiltrati, nelle parole del commissario straordinario antiracket Giancarlo Trevisone, pronto a collaborare con le autorità emiliane, e del magistrato della Direzione nazionale antimafia Anna Canepa.

L’ex Pm della Dda di Genova ha confermato che il verdetto sulla richiesta di residenza obbligata di Coppola non avrà effetti concreti nella lotta alla mafia, ma che si tratta di un messaggio simbolico nuovo e forte: “Non va considerata una sconfitta l’eventuale concessione dell’obbligo di dimora – ha spiegato la dottoressa Canepa – questa azione coraggiosa e condivisa, riassumibile con la frase “o si adeguano o se ne vanno”, ha un significato di integrazione, e non di esclusione. In questa regione che ha caratteristiche simili alla Liguria per la presenza di più mafie, con infiltrazioni in settori come edilizia e turismo, si deve andare oltre il dato giudiziario, che nonostante non veda contestare i 416bis (le inchieste, salvo quelle dell’antimafia napoletana e calabrese, hanno portato a condanne con l’aggravante dell’articolo 7) sta facendo passi avanti. Occorre l’impegno di tutti in termini di prevenzione e nell’educazione alla legalità, che deve partire dalle scuole, negli scambi tra nord e sud”.

Sorbara dunque paradigma di una guerra senza quartiere alla cultura mafiosa, concetto caro anche al presidente di Avviso pubblico Pierpaolo Romani: “E’ fondamentale la partecipazione e la fase successiva alle indagini. Valutiamo positivamente la legge regionale che concede aiuti agli enti locali e ai gestori dei beni confiscati, attualmente 50 su 100 già in affidamento in Emilia. La direzione opposta intrapresa dal governo con la vendita degli stessi”.

Articolo Precedente

Travaglio, Isabella Ferrari
e i 17 anni “Anestesia totale”

next
Articolo Successivo

La moda, colore dei tempi

next