Ancora un sequestro fantasmagorico alla ‘ndrangheta: 190 milioni di euro. Il “bottino” dello Stato assomma a 40 imprese (operanti nei trasporti, nell’agroalimentare e nel commercio), 44 abitazioni, 4 ville, 12 autorimesse, 60 terreni, 56 autoveicoli e 108 autocarri.

È stata la figlia di un boss carcerato, Giuseppina Pesce, a rendere possibile l’operazione, consentendo, per altro, anche l’arresto della madre e della sorella per associazione mafiosa e riciclaggio. Intanto, già si parla di possibili ritrattazioni da parte della confidente. Tuttavia rimane forte la speranza che il sequestro in poco tempo si trasformi in confisca con la possibilità di destinare questi beni al riutilizzo sociale previsto dalla Legge 109/96.

Ma la notizia non finisce qui. Tra le società sottratte all’influenza della ‘ndrangheta spiccano, questa volta, due squadre di calcio del campionato nazionale dilettanti di serie D, il Civitanova Interpiana e il Sapri.

L’associazione “Libera contro le mafie”, in un comunicato, afferma che si tratta di una storia inquietante «perché possedere una società di calcio garantisce visibilità e prestigio ai clan, assicura un controllo ancora maggiore del territorio, moltiplica le opportunità di reclutamento delle nuove leve». Del resto, nel dossier “Le mafie nel pallone” pubblicato dal Gruppo Abele, si evidenza che ben 30 clan sono coinvolti in casi di corruzione calcistica.

Scusate, ma di fronte a questa notizia (grave) a me viene da ridere. L’ilarità è causata da un cortometraggio del gruppo The Jackal intitolato “Il camorrista nel pallone”. Una parodia surreale-criminale del vecchio film “L’allenatore nel pallone”.

La scena iniziale vale per tutte. Primo piano sul boss che si rivolge ai convenuti: «Signori, per favore, un attimo di attenzione. Come vi dicevo poc’anzi, qua la situazione peggiora a vista d’occhio. Ci hanno tolto pure le puttane! La gente comincia a perdere simpatia e a non crederci più!». Interviene un camorrista: «E questo è niente! Io l’altro giorno ho visto un ragazzo sul motorino con il casco!». L’affermazione desta stupore nei presenti che urlano e si agitano finché il boss non li richiama all’ordine e dice: «È chiaro che dobbiamo trovare qualcosa che piaccia alla gente. Noi ci dobbiamo far voler bene!».

Allora comincia un giro di opinioni per fare delle proposte: spacciare la droga, tatuarsi Maradona, aumentare il racket, scrivere un libro sulla camorra.

Nessuno dei vari suggerimenti e consigli sembra riscuotere il consenso necessario. Il boss, a questo punto, chiama in causa don Salvatore che è stato in silenzio fino a quel momento. Il camorrista, con fare guappesco, tira una boccata di sigaretta, e, circondato da una nuvola di fumo, si esprime: «Ma, secondo me alla gente piace una cosa solo…».

L’immagine successiva è quella dello stadio S. Paolo stracolmo di tifosi. In campo ci sono i calciatori-camorristi de “La Principessa”. Si ascolta la voce del cronista: «… la scoperta del calcio italiano che, in poche settimane, è riuscita a scalare le classifiche nazionali imponendosi tra le big del calcio nostrano». Anche perché alla squadra vengono riconosciuti 7 punti per ogni vittoria invece dei 3 previsti dal regolamento.

Da questo momento in poi si susseguono le “gesta eroiche” della compagine calcistica: minacce agli avversari, corruzione degli arbitri, esecuzioni di calciatori infami, rifiuti gettati in mezzo al campo di gioco, estorsioni ai tifosi per ogni gol segnato e così via fino alla vittoria finale. Il video è costruito come il trailer di un film in uscita nelle sale cinematografiche con il seguente messaggio promozionale: “Calciopoli a confronto vi sembrerà un gioco da tavolo”.

Ogni volta che guardo questo filmato rido di buon gusto. Almeno fino ad oggi. Spesso la fantasia anticipa la realtà, ma più spesso la realtà annichilisce la fantasia.

di Marcello Ravveduto

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