Facile non credere oggi, nell’Italia degli anni Zero, dove uomini di spettacolo fanno i predicatori, i sacerdoti fanno spettacoli, i talk-show vengono trasformati in aule di Parlamento, il Parlamento gestito da un satrapo dove bulli&pupe vengono nominati ministri della Repubblica. E i ministri sognano di esser poeti o romanzieri, i comici sognano di esser scrittori, gli scrittori che si sognano guerrieri e gli intellettuali si vestono da soubrette. Un’Italia dove le Drag queen fanno le opinioniste, gli opinionisti fanno i giornalisti, i giornalisti fanno i politici, i politici rifanno la deontologia del giornalismo. E i travestiti vengono eletti  in Parlamento mentre il Parlamento va a travestiti…

Si intitola Io non credo il secondo album dei romani Luminal prodotto dalla Blackfading. Un album in cui emerge tutta la carica e la rabbia della band: emblematica è l’immagine scelta per lanciare il loro nuovo lavoro, il volto di Ale dalla cui bocca, come fosse vomito, esce fuori in rosso la scritta “io non credo”. Un disco in cui si fondono suoni post-punk, indie rock e canzone d’autore, nove brani rock che nei 150 anni dell’Unità d’Italia raccontano la frammentazione di questo paese e dell’individuo, della sua ricerca, dei suoi fallimenti, del suo tentativo di essere “uno” con se stesso e poi con il mondo. E Giuseppe Garibaldi, il simbolo del Risorgimento italiano, è ritratto nella copertina come un fantasma bianco su un mucchio di giacche nere, segno di un ideale distrutto, della morte dell’idea. Si può vivere nell’Italia della secessione politica e culturale senza reagire in alcun modo? Ne abbiamo discusso con Alessandra, leader voce e chitarrista dei Luminal.

“Io non credo”, ormai sono in molti a pronunciare questa frase. In questi ultimi anni è andata via via perdendosi ogni speranza in seguito ai vari fatti di cronaca e politica. Eppure, si dice, ogni generazione porta con sé una voglia di cambiamento, una volontà di affermazione. Dove sono gli elementi distintivi della generazione dei ventenni-trentenni di oggi? È la nostra una generazione che ha perso?
La nostra generazione non ha perso, la nostra generazione non esiste, e di questo dovremmo vergognarci. Siamo irrappresentabili, senza idee, senza volontà. Siamo figli, anzi, siamo gli scarti di un mondo vile, malato di protagonismo, arrogante, invidioso, ignorante, siamo terrorizzati dal fatto di poter restare soli (ma potrebbe andar peggio, potrebbe piovere).
Non crediamo nella speranza, ma crediamo nel coraggio. Il coraggio di affermare che questo mondo non ci appartiene, non ci rappresenta. Noi non crediamo in questo mondo. Noi crediamo che questo mondo non esista.

Cosa fare per aumentare la consapevolezza dei giovani sul loro ruolo fondamentale nella società civile, sulla loro responsabilità etica?
La vita si è sempre incaricata di stroncare nel dolore chi rinuncia a se stesso, questo è un concetto molto importante e di cui non si parla abbastanza. Solo dopo aver preparato un’identità compiuta puoi dedicarti al sociale. Questo significa essere spietati, prima verso se stessi, e poi verso gli altri.

C’è speranza nella musica? E cosa vi sorprende ancora?
La musica (ed in particolare il rock n’ roll) è una forma d’arte che in qualche modo è resistita purissima nel suo contatto con la gente, purtroppo non hanno avuto fortuna simile la letteratura, la pittura, il teatro che vengono abbastanza maltrattate. Grazie a una forza sconfinata e che trascende il razionale abbiamo la possibilità di perdere noi stessi e di ritrovarci ogni notte su di un palco, e intorno a noi altre persone provano la stessa cosa e questa meraviglia funziona ancora nell’era di Internet e dell’impoverimento del linguaggio. È per questo che è importante andare ai concerti, sono alcuni degli ultimi avamposti di un’umanità sempre meno umana e sempre più schiava di se stessa.

Cos’è che vi fa “incazzare di più”? E cosa vi rende felici?
Ci fa incazzare perdere tempo per delle sciocchezze, ci fa incazzare chi sguazza nelle proprie debolezze, la volgarità come assenza di idee. Ma ci fanno incazzare soprattutto le nostre mancanze.
Ci rende felici suonare, dire quello che pensiamo, provare a fare quello che vogliamo e cercare di capire quello che ci circonda. Ci rendono felici le persone che si realizzano, quelle che guariscono, e ogni tanto ci fa felici anche il silenzio.

Mi spiegate il significato del vostro nome Luminal, mi parlate un po’ di voi e di come nasce la band?
Ho iniziato a suonare a diciotto anni, mia madre era ricoverata in una clinica psichiatrica e in quella clinica un uomo, un elephant man epilettico pronto ad esplodere, mi ha preso le mani e mi ha rivelato il segreto della vita. Le dita non si sono mai più fermate, per suonare, per scrivere, per vivere, e Luminal è diventata la mia cura contro questo mondo. Il gruppo è nato sei anni fa, ci sono stati cambi fisiologici di formazione, Carlo ne è entrato a far parte quasi immediatamente, i pezzi li abbiamo sempre composti insieme. Alla produzione del disco si sono uniti Vanessa Lentini al basso e Alessandro Commisso alla batteria… da allora ci svegliamo ogni mattina, consapevoli di vivere per la musica.

Cos’ha di diverso il vostro ultimo album rispetto ai precedenti?
Quando siamo entrati in studio per registrare Io non credo avevamo le idee più chiare su cosa volevamo dire e come fare per ottenere il miglior risultato, sia dal punto di vista del contenuto che della forma.  Io non credo è la somma sonora di due anni di lavoro e di concerti, e di una visione meno anatomica e più libera della musica (e della nostra vita).

Che rapporto avete con la tecnologia e quanto vi è utile Internet nel vostro lavoro?
Internet è un mezzo di comunicazione potentissimo, che ha dato la possibilità a tanta gente di accedere liberamente alla conoscenza collettiva. Per un gruppo rock come il nostro rappresenta lo strumento più potente a disposizione per raggiungere il proprio pubblico. L’editoria tradizionale è crollata o sta crollando, la distribuzione e diffusione via Internet ad oggi sembrerebbe il futuro più percorribile, l’Mp3 la tecnologia in grado di sostituire i dischi… non dico che ci piaccia tutto questo, ma è la nostra epoca e noi proviamo a viverla nel miglior modo possibile.

L’album “Io non credo” (distribuito da Audioglobe) sarà in vendita nei negozi di dischi e negli store digitali dal prossimo 13 maggio. Nel frattempo i Luminal sono in “Tour per l’Unità e per la Rivoluzione”:

sab 23 aprile Jekill Club (Cesenatico)
ven 29 aprile Ambient Pub (Macerata)
dom 1 maggio Angelo Mai (Roma)
ven 6 maggio San Marino Cafe (Ravenna)
sab 7 maggio Birreria del borgo (San Severino)
ven 13 maggio Circolo Les Fauves (Potenza)
sab 14 maggio Blue Dahlia (Reggio Calabria)
mar 17 maggio Radio popolare live acustico (Roma)
ven 20 maggio Barbara Disco Lab (Catania)

E per maggiori informazioni recatevi solo loro sito ufficiale. A tutti, come sempre, Vive le Rock!

Articolo Precedente

Paul Simon: il senso della vita

next
Articolo Successivo

Vinicio Capossela, nuovo disco tra “marinai, profeti e balene”

next