Quando i nostri nipoti studieranno storia troveranno la storia della seconda Repubblica sui loro libri di testi, insieme al fascismo e alla Resistenza (se resiste). E scopriranno che nel Parlamento italiano, nel 2011, esiste un gruppo che ha la golden share (in italiano, diritto di ricatto) sulla maggioranza: i Responsabili. Se i nostri nipoti si appassioneranno alle vicende di Sardelli e Polidori, Calearo e Razzi, Pionati e Romano, scopriranno anche che questo partito potentissimo non ha nessuna rappresentanza e nessuna lista di candidati alle elezioni amministrative del 2011.

Decisivi in Parlamento, assenti nel Paese: un incredibile paradosso, se pensiamo che nei prossimi 45 giorni Berlusconi stresserà la sua tendenza a trasformare le elezioni amministrative in politiche ancora più del solito. Questa tornata elettorale (sommando amministrative e referendum) rischia infatti di diventare la più importante dal 1994 a oggi, vista la drammaticità della posta in palio personale, di sopravvivenza politica, che il premier sta giocando in queste settimane.

Mentre il Governo Berlusconi è profondamente impegnato in uno scontro frontale con tutti i presidi democratici del nostro Paese, allo stesso tempo ha bisogno di tenere sotto controllo i sondaggi e di prendere decisioni anche in profonda contraddizione con il programma di governo pur di non spaventare gli italiani, come ha fatto, per esempio, annullando il programma nucleare per paura che la difesa dalla minaccia atomica porti con sè anche il voto contro di lui sul legittimo impedimento al referendum.

Ma per fortuna ci sono i Responsabili, che evitano che la dialettica politica si appiattisca sulle questioni personali del premier. In questo momento sono loro a decidere se Berlusconi deve cadere, come e quando. Se facessero mancare il loro voto in uno dei provvedimenti di cui si discute in queste settimane (processo breve, prescrizione breve, conflitto di attribuzione. No no, tranquilli, non si parla di sviluppo economico), sarebbe la fine politica di Berlusconi. Immediata.

Ieri Luciano Sardelli da Mesagne, provincia di Brindisi, autore di alcuni testi di Al Bano, ha detto che non aveva voglia di sollevare la solita, triste questione di poltrone, ma di essere spinto da un afflato di responsabilità nazionale. E così ha detto a Berlusconi e Verdini che se entro Pasqua non fossero stati nominati i sottosegretari appartenenti al loro gruppo parlamentare, il loro senso di responsabilità avrebbe reso necessaria una nuova stagione politica per il nostro Paese.

Il premier e il potentissimo (e oramai unico) coordinatore del Pdl hanno promesso: martedì, dopo l’agnello, l’uovo e un paio di fendenti ai magistrati ci sarà il tempo per inserire le importanti proposte programmatiche dei Responsabili affinché il Governo possa finalmente portare l’Italia fuori da questi mesi difficili. Sono stati prenotati non meno di sei posti, eredità di quel meraviglioso 14 dicembre 2010 in cui l’Italia fu salvata dall’implosione e Scilipoti ci salvò dalla crisi di Governo.

Contestualmente al rimpasto, i Responsabili avranno così esaurito la loro spinta salvifica e diventeranno la terza gamba della maggioranza. Anzi, “il terzo polo dei riformisti”. Così si chiamerà il nuovo gruppo parlamentare guidato da Sardelli. Da “Responsabili” a “Terzo polo”, due nomi che all’inizio possono lasciar perplessi o farci sorridere ma che sono la sintesi estrema dell’estetica del potere in Italia, oltre a essere un capolavoro di comunicazione politica.

Qualcuno, da quelle parti, ha studiato Lakoff, linguista cognitivo, che ha teorizzato il concetto di auto-definizione. Se io mi dico Responsabile, e tu mi attacchi, sei diverso da me, dunque un irresponsabile.  Se io mi definisco il terzo polo, e tu sei mio concorrente politico, non sei certamente del terzo polo anche tu. Dunque la federazione Udc-Fli-Api-Mpa dovrà inevitabilmente cambiare nome, creando ulteriore confusione agli elettori a meno di un mese dalle Amministrative.

Già, le amministrative: i Responsabili non ci sono ma sono decisivi. Non partecipano ma comandano, non si fanno votare ma complicano la vita a chi si misura con il consenso. E mentre il solito peone del Pdl si inventa un diversivo mettendo in discussione l’articolo 1 della Costituzione e affidando la centralità al Parlamento e alla sovranità popolare, l’attualità ci dimostra che non c’è alcun collegamento tra le Camere e il popolo proprio grazie ai Responsabili.

E così, l’assai azzeccata battuta del segretario del Pd Bersani con cui ho titolato questo post si rivela una grande, drammatica, verità. Da consegnare ai libri di storia, se ci saranno ancora.

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