È difficile al giorno d’oggi trovare scienziati che prendano sul serio la fusione fredda. È dal 1989 che, dopo un breve momento di euforia dovuto all’annuncio di Fleischmann e Pons, questo campo di studi agli occhi di molti è stato completamente screditato.

Il 23 marzo 1989 il mondo credette di aver trovato la soluzione finale al problema energetico. Quel giorno i chimici Martin Fleischmann e Stanley Pons annunciarono in una conferenza stampa di essere riusciti a realizzare la “fusione fredda” producendo energia nucleare, come avviene nelle stelle, ma a temperatura ambiente e nelle loro provette, in modo sicuro e pulito. L’annuncio venne accolto da molti scienziati con grande scetticismo. Immediatamente altri laboratori cercarono di riprodurre i loro risultati ma senza successo. Alcuni risultati positivi vennero spiegati in seguito come errori nell’esperimento. Nel giro di poco tempo in campo scientifico “fusione fredda” divenne sinonimo di bufala e la carriera di Fleischmann e Pons venne stroncata. Nonostante tutto i due continuarono a credere di avere fatto una scoperta reale. Nel 1992 si trasferirono in Francia per proseguire le ricerche presso un laboratorio privato. Fleischmann andò in pensione nel 1995 e nel 1998 il laboratorio chiuse senza aver trovato nulla.

A dire il vero, però, nel corso degli ultimi vent’anni vari laboratori in giro per il mondo hanno silenziosamente continuato a lavorare in questo campo, rinominato “reazioni nucleari a bassa energia”. Anche l’ENEA, in Italia, ha svolto in questi anni vari esperimenti. Nessuno però è mai riuscito a realizzare un esperimento che fornisse in modo riproducibile più energia di quanta ne venisse immessa. Attirati dalla possibilità di fama e ricchezza, anche molti personaggi estranei alla cosiddetta “scienza ufficiale” hanno inseguito in questi anni il sogno di una produzione di energia da fusione nucleare. Uno di questi è l’inventore Andrea Rossi, già noto alle cronache italiane per la vicenda Petroldragon, una società che negli anni ’80 si prefiggeva di trasformare i rifiuti solidi urbani in petrolio utilizzabile come combustibile. La società e Rossi andarono però incontro a diversi problemi, che sfociarono in una serie di inchieste giudiziarie e alla chiusura dell’azienda.

Ora Rossi è tornato alla carica con un apparecchio, per cui ha depositato una domanda di brevetto, che riuscirebbe a produrre energia dalla fusione di atomi di nickel e di idrogeno. Ancora il sogno della fusione fredda. Ciò che rende diverso il suo annuncio da molti altri è che Rossi non vuole sottrarsi alle verifiche sperimentali e ha chiesto ad alcuni scienziati di controllare che il suo apparecchio produca effettivamente energia. E rispetto alle piccole quantità di energia in gioco degli esperimenti di Fleischmann e Pons, qui l’energia in gioco è molta di più.

Una dimostrazione pubblica del funzionamento dell’apparecchio, abbastanza piccolo da poter essere posizionato su un tavolo, è avvenuta il 14 gennaio scorso, a Bologna, sotto gli occhi attenti e soprattutto gli strumenti di misura dei ricercatori del dipartimento di Fisica di Bologna e della sezione locale dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare).

Rossi stesso, da tempo, collabora con Sergio Focardi, fisico sperimentale e Professore Emerito dell’Università di Bologna, che negli anni scorsi si è interessato alle reazioni nucleari a bassa energia. Né il dipartimento di fisica né l’INFN sono però coinvolti in alcun modo nello sviluppo dell’apparato. Dopo che la miscela di nickel, idrogeno e un catalizzatore segreto è stata innescata da una resistenza elettrica, l’apparecchio ha prodotto per quaranta minuti una potenza di 12 kW sotto forma di calore, utilizzato per vaporizzare dell’acqua che scorreva nel reattore. Rossi, in attesa del rilascio del brevetto, non ha permesso di aprire il suo apparecchio, e per questo motivo molti scienziati si mostrano ancora estremamente scettici. Non è possibile quindi, al momento, escludere la presenza di un trucco, anche se è difficile immaginare quale possa essere, per poter generare in modo continuativo una così grande quantità di energia in un così piccolo volume.

Dopo vari mesi di utilizzo continuo di un reattore sperimentale, secondo Rossi una parte del nickel si sarebbe trasformata in rame. Se questo venisse confermato da un’analisi indipendente sarebbe il segno inequivocabile di una reazione nucleare. Questo tipo di reazione però è impossibile secondo le attuali conoscenze, ed è anche per questo che permane molto scetticismo nell’ambiente scientifico rispetto all’apparecchio di Rossi.

Un secondo test è stato effettuato lo scorso 29 marzo sotto gli occhi di due fisici svedesi: Hanno Essén dell’Università di Stoccolma e Sven Kullander dell’Università di Uppsala. Essén è presidente della Skeptics Society svedese, l’equivalente svedese del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), e abituato quindi a confrontarsi con fenomeni apparentemente inspiegabili e a smascherare truffe. Nel loro rapporto i due fisici escludono che l’energia prodotta possa essere dovuta a reazioni chimiche e si mostrano abbastanza convinti che nell’apparecchio avvengano davvero delle reazioni nucleari.

Un reattore da un megawatt è in costruzione, secondo Rossi, ad Atene presso la Defkalion Green Technologies e dovrebbe essere pronto entro ottobre 2011. Senza poter effettuare altri test non è possibile dare un giudizio definitivo sull’invenzione di Rossi. Probabilmente dovremo aspettare ottobre, e vedere se davvero il generatore da 1 megawatt entrerà in funzione o se si ripeterà quanto accaduto a Fleischmann e Pons.

Link:

Il brevetto di Andrea Rossi: http://bit.ly/dLSxHI

Il filmato dell’esperimento: http://bit.ly/e6xz38

Le dichiarazioni dei fisici svedesi: http://bit.ly/fbMcKS

Saturno, Il Fatto Quotidiano, 15 marzo 2011

Articolo Precedente

Una passeggiata nella Resistenza letteraria

next
Articolo Successivo

Quel cane d’uno scrittore

next