Ricevo, e volentieri pubblico, regalando un po’ dello spazio che mi è dato in abbondanza, la lettera di un gruppo di docenti del Liceo Artistico Statale M. Olivieri di Brescia. Spiegano, in modo discreto e deluso, più che polemico, ma molto chiaro la differenza che passa tra l’avere a cuore la scuola – con quel che ne consegue in termini sociali – e avere a cuore il potere, con quel che ne consegue in termini sociali…

A volte ribadire l’ovvio è necessario. Purtroppo.

Secondo la nostra Costituzione, legge fondamentale del nostro Stato, “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”e “la scuola è aperta a tutti”; per questo si definisce scuola pubblica, come il nostro Stato è una repubblica, dal latino res publica, letteralmente “cosa pubblica”, ovvero di tutti i cittadini e tutte le cittadine. I cittadini in un referendum, il 2 giugno 1946, hanno scelto come forma istituzionale una repubblica anziché una monarchia, e hanno dato mandato ai loro rappresentanti di redigere la legge fondamentale dell’allora nuovo Stato: la Costituzione appunto. Dunque la scuola è pubblica e l’istruzione “gratuita e obbligatoria” proprio perché è compito dello Stato provvedere all’istruzione e formazione dei cittadini “rimuovendo ogni ostacolo di ordine economico e sociale” che possa pregiudicare lo sviluppo delle attitudini e dei talenti dei singoli cittadini e quindi garantire anche concretamente l’eguaglianza dei cittadini e evitare ogni forma di discriminazione. Si coniugano perciò il diritto all’eguaglianza, intesa come parità di opportunità e non come uniformità omologata, e quello alla libera espressione del pensiero e alla diversità del singolo, garantita appunto dal divieto di ogni forma di discriminazione.

Il delicato e fondamentale compito della istruzione e formazione delle giovani generazioni di cittadini e cittadine è demandato a una istituzione che è un pilastro del nostro Stato e della nostra società e che si chiama scuola. La scuola è il luogo delle diversità, del dialogo, del confronto e dello sviluppo dello spirito critico e dell’autonomia di pensiero e di giudizio. Nel rispetto delle regole e delle persone. Ogni giorno gli insegnanti non si limitano a trasmettere nozioni e conoscenze, ma sono parte attiva, insieme agli studenti, di percorsi di apprendimento, basati sul rigore, l’onestà intellettuale e lo sviluppo progressivo delle capacità critiche; ogni giorno gli insegnanti educano gli studenti ai valori e all’esercizio della cittadinanza.

La Costituzione prevede peraltro la possibilità da parte di privati di istituire, nel rispetto di precisi vincoli legislativi, e “senza oneri per lo stato”, scuole di ogni ordine e grado.

Dispiace, preoccupa e indigna sentire grossolane esternazioni da parte di una delle più alte cariche istituzionali, il Presidente del Consiglio, che non corrispondono alla verità dei fatti e gettano discredito e delegittimano l’operato di un’altra fondamentale istituzione dello Stato e di chi ci lavora quotidianamente. A ciò si accompagna il massiccio taglio di risorse destinate alla scuola pubblica, l’unica che opera non in una logica di mercato, e dunque evita forme di discriminazione sociale e economica, bensì secondo quanto prevede la Costituzione, ha come finalità di garantire il libero accesso all’istruzione per tutti i cittadini e di conseguenza l’eguaglianza, pilastro della democrazia. Senza eguaglianza non vi può essere democrazia. Indebolire la scuola pubblica significa anche rendere più fragile il diritto alla formazione e all’educazione. A rischio non è solo la scuola pubblica, a rischio sono le istituzioni, il loro corretto e regolare funzionamento nel rispetto dei ruoli e nel quadro di compiti e responsabilità loro attribuite dalla Costituzione: in una parola, la democrazia.

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