Cosimo Cristina, Giovanni Spampinato, Peppino Impastato, Mauro Rostagno. Quattro vittime della mafia, quattro giornalisti ammazzati nel corso degli ultimi decenni perché facevano il loro mestiere, perché raccontavano i delitti, i traffici, le collusioni delle cosche. In perfetta solitudine. Armati soltanto di una forte passione civile e dell’ostinata volontà di ricercare la verità.

I loro nomi sono stati aggiunti al «Journalist Memorial» del Newseum di Washington insieme a quelli di 59 giornalisti uccisi in vari Paesi nel 2010 mentre svolgevano il loro lavoro di cronisti e di altri 14 colleghi che negli anni precedenti hanno perso la vita per ragioni legate al loro lavoro. Inaugurato nel 2008, il Museo del giornalismo americano contiene 2084 nomi di martiri dell’informazione.

La notizia è arrivata nella giornata forse più tesa del processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, in corso a Trapani dal febbraio scorso (a oltre 22 anni dal delitto) e nel quale sono imputati Vincenzo Virga e Vito Mazzara, rispettivamente presunto mandante e presunto killer del sociologo giornalista che dagli schermi di RTC denunciava con nomi e cognomi le malefatte e le coperture dei boss locali.

La cooptazione di Mauro Rostagno e degli altri colleghi uccisi dalla mafia da parte del Newseum ha rinfrancato Chicca Roveri, per 17 anni compagna di Rostagno (e mamma di Maddalena, la loro figlia), che è stata lungamente ascoltata in aula. La Roveri ha rievocato le ultime settimane di vita di Mauro: «Ci concedemmo una vacanza, noi che non potevamo: alcuni giorni per stare da soli. E quella volta mi disse che lui “non aveva paura di morire”. Voleva forse dirmi qualcosa. Negli ultimi periodi mi faceva continui regali, portava Maddalena a cena fuori, come se volesse che la sua presenza tra di noi fosse consolidata. Stava lasciandoci il suo segno dico oggi con il senno di poi».

La donna ha anche parlato del lavoro di giornalista di Mauro, delle sue denunce contro la mafia, la droga, il malaffare: «Un giorno esordì in un editoriale in questo modo – ha ricordato – qualche mio caro amico mi ha consigliato di abbassare i toni perchè questo lavoro rischia di fare male alla Sicilia e alla comunità, io continuo a pensare e a dire che la migliore pubblicità che si può fare alla Sicilia è quella di affermare che la mafia va abbattuta».

Per una cronaca dettagliata dell’udienza, segnalo i post del collega Rino Giacalone sulla pagina di facebook dedicata al processo.

Il «Journalist Memorial» del Newseum, inaugurato nel 2008, contiene adesso 2.084 nomi. Il prossimo 16 maggio, la lista aggiornata sarà presentata a Washington in una cerimonia ufficiale al Newseum.

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