“Dopo l’egoistica e anticomunitaria posizione assunta oggi dall’Europa nei confronti di uno Stato membro diventa obbligatorio e urgente predisporre un blocco navale assoluto a difesa delle nostre acque e dei nostri confini, come peraltro previsto nell’accordo siglato dal ministro degli Interni, Roberto Maroni, con il Governo tunisino”. Roberto Calderoli in serata alimenta la polemica, già mantenuta viva da Maroni. E meno male che Napolitano aveva chiesto di abbassare i toni sull’emergenza immigrazione dicendo che “sull’Europa non si scherza”. Non potevano essere più pesanti le dichiarazioni di Roberto Maroni al termine del vertice dei ministri degli Interni europei: “Mi chiedo se abbia un senso continuare a far parte dell’Unione europea”.

Una posizione durissima che esprime tutto il disappunto per la decisione del Consiglio europeo di bocciare la proposta italo-maltese per estendere anche al resto del Continente il permesso temporaneo di soggiorno concesso dall’Italia ai migranti arrivati negli ultimi mesi.  “E’ stato un incontro deludente – ha detto il ministro – e la linea passata è quella che l’Italia deve fare da sola. La riunione si è conclusa con un documento, sul quale c’è stata la mia astensione, che non prevede alcuna misura concreta”. Insomma, secondo il ministro, l’Italia è stata lasciata da sola a fronteggiare l’emergenza immigrazione. Maroni ci tiene a specificare che le sue critiche non sono rivolte alla Commissione europea né al commissario agli Interni Cecilia Malmstrom: “A lei va il mio ringraziamento e il mio apprezzamento, è l’unica attiva nei limiti del possibile, ma mi aspettavo solidarietà concreta da parte dei paesi Ue che invece hanno detto, sono affari vostri”.

La richiesta italiana prevedeva l’attivazione della direttiva comunitaria 55 del 2001 sulla protezione internazionale temporanea, in modo che ai migranti presenti sul nostro territorio fosse concesso di circolare liberamente all’interno dei paesi dell’Area Schengen. Ma l’Europa ha risposto picche. Come ha sottolineato la Malmstrom, quelle norme facevano riferimento ai tempi del conflitto in Kosovo. Una situazione che riguardava “centinaia di migliaia di profughi. E non siamo ancora a questo punto”.

Insomma, la condizione necessaria per fare diventare operativa quella norma è che ci sia una forte pressione di migranti provenienti da paesi in conflitto. Come sostiene la Malmstrom, “la maggioranza dei paesi ritiene che la direttiva può essere utilizzata, ma non ci troviamo ancora in una situazione tale da far scattare il meccanismo”.

Detto in altre parole, secondo Bruxelles manca il conflitto e mancano pure i rifugiati politici. E le persone provenienti dal Maghreb altro non sono che immigrati economici, gente che parte per migliorare la propria condizione, ma che non è in fuga né da guerre né da persecuzioni o carestie. Uno status giuridico molto distante da quello di richiedenti asilo che al contrario avrebbe fatto scattare la normativa comunitaria.

Una linea che ha fatto uscire dai gangheri Maroni secondo il quale ormai l’Ue è “un’istituzione che si attiva subito solo per salvare banche e per dichiarare guerre, ma quando si tratta di esprimere solidarietà concretamente a un paese come l’Italia, si nasconde”.

Lo scontento di Maroni è comprensibile, ma il ministro avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione al monito del Capo dello Stato. Solo stamattina Giorgio Napolitano aveva messo in guardia gli esponenti del governo dal fare dichiarazioni sopra le righe sull’appartenenza di Roma all’Europa. “Il mio animo è per un impegno forte dell’Italia in Europa affinché il nostro paese continui tenacemente a perseguire una visione comune ed elementi di politica comune anche sul tema dell’immigrazione. Tutto questo senza nemmeno prendere in considerazione posizioni di ritorsione o dispetto o addirittura ipotesi di separazione”, aveva detto Napolitano. Ma Maroni, a quanto pare, da quell’orecchio non ci sente. “Certo che con l’Europa non si scherza – ha detto il ministro – Ma se l’Unione è questa, francamente meglio soli che male accompagnati”.

Inutile dire che le sue dichiarazioni incendiarie hanno sollevato un vespaio di polemiche, dentro e fuori i confini nazionali. Il senatore del Pd Luigi Zanda si chiede se le dichiarazioni del capo del Viminali siano da interpretare come “un ultimo atto della politica antieuropeista della Lega Nord in vista delle imminenti elezioni amministrative”. Mario Staderini, segretario dei Radicali italiani, invece ha ricordato al ministro che “l’Europa non è un taxi dove salire quando fa comodo”. L’esponente radicale punta il dito sulle contraddizioni della politica in materia di immigrazione della Lega e del governo. “Oggi Maroni chiede aiuto all’Europa per coprire il fallimento ideologico della legge Bossi-Fini senza pero’ recepire la direttiva europea sui rimpatri che consentirebbe di superare quella logica detentiva che produce clandestinità”, ha detto l’esponente radicale. Detto in altre parole, le opposizioni sostengono che se l’Italia è stata lasciata sola a fronteggiare l’emergenza profughi è solo colpa del governo.

Le parole del ministro hanno provocato una dura presa di posizione anche del collega tedesco Hans-Peter Friedrich che ha detto: “L’Italia sta infrangendo lo spirito dell’accordo di Schengen. Noi ci aspettiamo che Roma rispedisca gli immigrati in Tunisia”.

Ora c’è da chiedersi cosa faranno gli oltre 23mila migranti presenti sul territorio nazionale. Nell’impossibilità di raggiungere i propri cari in Germania, Francia e negli altri paesi Ue, molto probabilmente rimarranno in Italia, forti del permesso temporaneo di soggiorno concesso dalle auotorità nostrane. Con buona pace dei “foera dai bal” di Umberto Bossi, leader del partito di Maroni.

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