All’orizzonte dell’inchiesta sulle truffe a vip, aristocratici, ex calciatori e notabili romani si va profilando ora anche l’accusa di riciclaggio, dopo quelle di associazione per delinquere di carattere transnazionale finalizzata ai reati di abusivismo finanziario, al compimento di reati di truffa e di appropriazione indebita.

Tale ipotesi potrebbe configurarsi soprattutto per Gianfranco Lande, uno dei cinque operatori finanziari della società Egp-Italia, ritenuto la “mente” del giro di truffe per 170 milioni di euro avvenute attraverso una capillare raccolta di danaro in ambienti della Roma bene, specie nel quartiere Parioli, dietro la promessa di rendimenti anche del 20 per cento.

Questa evoluzione dell’inchiesta giudiziaria del pm Luca Tescaroli scaturirebbe dall’investimento di circa 14 milioni di euro effettato da esponenti del clan ‘ndranghetista Piromalli, dietro il quale gli inquirenti sospettano si celi un’iniziativa finalizzata a ripulire il danaro sporco. Non a caso, per questo episodio è stato già iscritto nel registro degli indagati, per riciclaggio, il mediatore finanziario forlivese Matteo Cosmi, già in rapporti con Flavio Carboni in occasione delle manovre di un comitato d’affari per i progetti sull’eolico, un dei capitoli d’inchiesta sulla cosiddetta P3. Cosmi è considerato il tramite tra i Piromalli e Lande. Dei 14 milioni investiti, Lande ne avrebbe restituiti sei.

Gli aspetti dell’inchiesta ancora da chiarire e da approfondire sono stati affrontati oggi in procura nel corso di un summit tra Tescaroli, l’aggiunto Nello Rossi ed il generale della Guardia di finanza Leandro Cuzzocrea. Oltre a fare il punto della situazione, sono state definite anche le prossime fasi dell’inchiesta, che cerca di ricucire il “filo rosso” che lega l’attività della Egp-Italia a quella dei brooker di Forlì.

Non solo. Nel calendario degli impegni già messi in cantiere ci sono, al fine del recupero delle somme non restituite dagli operatori finanziari romani finiti in carcere, anche una serie di rogatorie internazionali per quei Paesi in cui risultano depositati i soldi. Tra questi le Bahamas, Paese non legato all’Italia da rapporti di assistenza giudiziaria, e dove sarebbero finiti i soldi dei Piromalli.

Intanto il tribunale del riesame si è riservato di decidere sulla richiesta di scarcerazione presentata da uno dei cinque arrestati: Roberto Torregiani.

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