Jim Devine, 57 anni, ex deputato laburista, è andato ieri davanti al giudice per rendere conto dei rimborsi spese falsi per 8.385 sterline (circa 10mila euro) ed è stato direttamente condannato a scontare 16 mesi di reclusione. All’Old Bailey, come si chiama il Tribunale Penale di Londra, non si scherza. Qui non si fanno sconti a nessuno, tantomeno ai parlamentari. Anzi, i parlamentari pagano di più, perché oltre al reato commesso devono anche rendere conto dell’oltraggio al buon nome dell’istituzione. Lo stesso Old Bailey, un edificio austero sormontato dalla cupola sulla quale svetta la statua della giustizia, con la spada in una mano e la bilancia dall’altra, mette soggezione e incute rispetto e nell’Alta Corte i giudici vengono chiamati ancora con i vecchi titoli di My Lord e My Lady.

Così Jim Devine ieri si è avviato mestamente a piedi a farsi giudicare ed è stato accusato per aver chiesto il rimborso di lavori di ristrutturazione e ritinteggiatura mai eseguiti. E’ il quarto parlamentare ad essere condannato nell’ambito dello scandalo sulle note spese che l’anno scorso aveva scosso Westminster. David Chraytor, 61 anni, sta scontando 18 mesi per 22mila sterline; Eric illseley, 55, è stato mandato in prigione l’anno scorso per 14.500 sterline di rimbrosi ottenuti “disonestamente” e il conservatore Lord Taylor of Warwick, 58 anni, è in attesa di giudizio per una frode da 11mila sterline. Nei guai erano finiti anche altri 381 parlamentari definiti “disonesti” dai giornali per aver chiesto il rimborso di spese personali. Laburisti, conservatori e liberaldemocatici, senza distinzione di colore politico, erano stati tutti colti con le mani nel sacco. Chi aveva presentato il conto della gabbietta del pappagallo, chi lo scontrino del cibo per il gatto, l’hi-fi, la scopa nuova, la donna delle pulizie, la potatura delle piante in giardino. Nella maggior parte cose da poco, un piccolo danno all’erario statale, ma gravissimo per chi è abituato alla legge inglese, a quel “Theft Act” che punisce ladri e truffatori, ma soprattutto stigmatizza chi viola la moralità politica. Il processo era stato infatti avviato “nel pubblico interesse” e i giornali britannici avevano tuonato per settimane con parole che mai si sentono sulle rive del tamigi: Parlamento marcio, liste della vergogna, indecenza dentro i palazzi dell’antica democrazia britannica, scandalo a Westminster.

I fatti sono avvenuti tra il 2005 e il 2009. Per Devine in particolare, le note spese erano riferite al periodo tra il luglio 2008 e il maggio 2009. Altro che processo breve, in Italia finire in carcere con una condanna definitiva dopo un anno potrebbe essere considerato un processo per direttissima.

Per quasi tutti gli altri il caso è stato chiuso con la restituzione del maltolto, in totale un milione e 200mila sterline. Interessante il motivo della condanna di Devine, fin dall’inizio in una condizione giudiziaria peggiore per aver presentato note per spese mai avvenute (quindi doppia forde). Il tutto aggravato dal fatto che ha mentito di fronte alla corte durante il processo, tentando di incolpare il suo amministratore e ha perseguito nella truffa nonostante i giornali fossero già pieni di notizie riguardanti lo scandalo e fosse chiaro il sentimento pubblico di condanna e vergogna verso questi comportamenti.

Leggere i giornali inglesi stamattina e immaginare il premier italiano costretto a varcare il portone dell’Old Bailey e rivolgersi al giudice con un “My Lord”, è un pensiero che non ho potuto scacciare.

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