Niente bavaglio elettorale per le televisioni private. Nell’emanare il regolamento per le prossime elezioni amministrative Agcom ha bocciato la norma varata da Pdl e Lega: “Le regole per la par condicio nei talk show e quelle delle tribune politiche restino distinte”, ha sentenziato l’authority. Esattamente il contrario da quanto previsto dalla nuova norma (che è la fotocopia di quella dello scorso anno).

L’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni ha così approvato il regolamento per le emittenti private in vista delle amministrative del 15 e 16 maggio. La soluzione, spiega l’Agcom in una nota, è legata alla pronuncia del Tar del 2010 che aveva ribadito “la distinzione tra “programmi di informazione” e “comunicazione politica radiotelevisiva” e la conseguente illegittimità dell’applicazione ai primi della disciplina sulla par condicio prevista per la comunicazione politica”.

“I regolamenti – si legge in una nota – sono analoghi a quelli adottati dall’Autorità in occasione della tornata elettorale del 2010 nella versione approvata dopo che il Tar del Lazio, con propria ordinanza, aveva ribadito – alla luce della lettura data dalla Corte Costituzionale – la distinzione tra programmi di informazione e comunicazione politica radiotelevisiva e la conseguente illegittimità dell’applicazione ai primi della disciplina sulla par condicio prevista per la comunicazione politica. I regolamenti sono stati varati oggi, dopo aver svolto le consultazioni previste dalla legge con la commissione parlamentare di Vigilanza – conclude l’Agcom – in considerazione della necessità della loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale in tempo utile per entrare in vigore il prossimo 31 marzo, data di indizione dei comizi elettorali”.

Ora la palla passa nelle mani di Sergio Zavoli, che dovrà decidere se, come accadde l’anno scorso, Pdl e Lega riusciranno a imbavagliare il servizio pubblico. La commissione di Vigilanza deve ancora votare il regolamento per le prossime amministrative e il peso della decisione dell’Agcom non può non contare nella scelta. Zavoli conosce la televisione come pochi. E oggi, in queste ore, nel ruolo di presidente della commissione ha una grossa responsabilità che è anche un’opportunità: può rispedire al mittente l’emendamento di Pdl e Lega – non mettendolo ai voti – che vuole imporre la par condicio ai programmi di informazione, come fossero tribune elettorali, per farli chiudere. Zavoli può dimostrare che la legge è uguale per tutti, ancora di più nella commissione Rai del parlamento italiano.

Le sentenze del Tar e la Corte costituzionale hanno spiegato che la comunicazione politica è diversa dall’informazione giornalistica. E dunque l’emendamento di Pdl e Lega è contro una legge italiana, la 28 del 2000 sulla par condicio. E l’ha ricordato proprio oggi l’Autorità di garanzia nelle comunicazione, l’Agcom, l’unico organo di controllo che può sanzionare la Rai.

L’anno scorso il bavaglio fu identico e le modalità le stesse, ma la censura colpì soltanto il servizio pubblico perché le private, compresa Mediaset, ricorsero al Tar e vinsero. Certo, se Zavoli decidesse di non mettere ai voti l’emendamendo di Pdl e Lega (in  qualsiasi altro caso l’emendamento passerebbe), sarebbe vittima dell’offensiva politica e mediatica del Pdl. Ma due mesi d’informazione per gli italiani, in un momento delicato per il Paese e per il mondo, valgono un sacrificio.

A chiedere una presa di posizione di Zavoli sono anche le opposizioni. Pd, Idv e Udc, compatti, chiedono al presidente della Commissione di Vigilanza Rai di valutare l’inammissibilità degli emendamenti presentati dalla maggioranza al regolamento sulla par condicio.

Ma il Pdl e la Lega non intendono cedere di un millimetro e quindi non hanno intenzione di ritirare gli emendamenti. La plenaria della Commissione di Vigilanza si riunirà nuovamente alle ore 20 per proseguire la discussione sulle proposte emendative al regolamento.

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