Anche i più ottimisti ormai cominciano a perdere le speranze. Expo 2105 sembra inesorabilmente destinato a fallire. Lo “straordinario progetto per il rilancio internazionale dell’Italia”, (disse Romano Prodi quando, da presidente del Consiglio, riuscì a portare a Milano l’esposizione battendo la rivale Smirne) è stato smembrato e affossato da una classe politica che ha mostrato di essere incapace di pensare e agire per il bene comune. E ancora oggi di Expo non solo non v’è traccia in città (se non qualche cantiere per la nuova metropolitana che difficilmente vedrà la luce entro il 2015) ma è stato trasformato (in parte cancellato) anche sulla carta.

Letizia Moratti, Roberto Formigoni, Guido Podestà. Ognuno con i propri imprenditori di riferimento, ognuno con il proprio entourage da spingere e inserire, ognuno con le proprie aspirazioni di potere. Dopo tre anni non ci sono ancora certezze sui fondi, gli uomini alla guida della società che deve gestire l’esposizione (Expo 2015 Spa) cambiano a ogni folata di vento e i soci si fanno la guerra tra loro. Sul campo è rimasto prima Paolo Glisenti, pupillo di Letizia Moratti ma osteggiato da Regione e Provincia perché su di lui sostenevano si volesse concentrare tutto il potere decisionale. Poi è toccato a Lucio Stanca. L’ex ministro è riuscito almeno a far partire la società, dopo un anno di stallo, e a incassare la fiducia del Bie (organismo internazionale che approva i progetti e vigila sull’operato della società). Eppure è stato allontanato per volere di Diana Bracco, nominata presidente della società in forza del 10% della Camera di Commercio che allora guidava). Al suo posto è arrivato Giuseppe Sala, direttore generale del Comune di Milano, altro uomo di fiducia del sindaco Moratti.

Nel frattempo Formigoni si “conquistava” il pacchetto della gestione delle opere da realizzare, con il beneplacito del ministero del Tesoro (che detiene il 40% della società) dando vita a un braccio di ferro infinito con il sindaco, tra sgambetti e memorabili battibecchi. E mentre i signori del potere discutevano tra di loro, le mafie si organizzavano per mettere le mani su Expo. Una commissione antimafia è stata invocata in ogni modo da consiglieri, società civile, magistratura. Ma niente da fare.

Intanto da Parigi il Bie, “moderatamente” preoccupato, chiedeva informazioni sul rispetto del cronoprogramma. Le rassicurazioni sono sempre state verbali. Perché al momento non si sa neanche in quale area si svolgerà l’esposizione. O meglio: le aree sono state individuate e non possono cambiare. Sono aree di proprietà dei soliti noti. Non è stato ancora deciso però se la società (interamente finanziata da soldi pubblici) avrà i terreni per usarli gratuitamente, costruirci di tutto, restituendoli poi ai proprietari con in dono tutti gli edifici realizzati nel frattempo e riconsegnandoli trasformati da terreni agricoli a edificabili. Alcuni soci vorrebbero invece comprare le aree, per poi dismetterle e venderle dopo Expo. Ma è tutto ancora in alto mare. E i litigi non si fermano. Podestà, per citare l’ultimo problemino, ha deciso che la Provincia non ha più i soldi per onorare l’impegno preso nella società. E così dà maldestramente la colpa al suo predecessore, Filippo Penati, di aver partecipato a un progetto troppo oneroso per l’ente. Dimenticando però che non è stato Penati da presidente della Provincia a decidere se e come partecipare a Expo ma è stato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, con un decreto a stabilire tutto, anche la quota di partecipazione e l’impegno finanziario.

In tutto questo il viceministro alle infrastrutture, Roberto Castelli, dopo due anni scopre che nei lavori per Expo potrebbero esserci infiltrazioni mafiose. E dalle pagine della Padania propone di estromettere dalle gare d’appalto le aziende calabresi. C’è poi l’ad Sala che improvvisamente se ne esce dicendo che il progetto delle aree è da rivedere e deve essere più flessibile (ma non si può: il Bie non lo permette) e Formigoni che continua a insistere nel voler comprare le aree a tutti i costi, anche a cifre esorbitanti. E Letizia Moratti che ribatte al governatore che la strada da lui indicata non è percorribile.

Certo è che la più preoccupata dello stallo è proprio Moratti. Fu lei ad andare a Parigi, insieme a Prodi, per vincere su Smirne. E’ stata lei la più tenace sostenitrice di Expo 2015 ma il progetto si è perso in mille rivoli di Palazzo. Oggi il sindaco non ne parla più volentieri ed evita di rispondere alle domande. Perché? Perché tra due mesi ci sono le elezioni, il 15 maggio si vota. E’ stato Berlusconi stesso a fine febbraio a suggerire alla Moratti di non parlare di Expo. Durante un vertice milanese in vista della tornata elettorale il premier ha stilato l’elenco degli argomenti da usare in campagna elettorale e quelli da evitare. Al primo posto, inutile dirlo, Expo.

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