Il direttore di “Chi” Alfonso Signorini doveva parlare al Festival del Giornalismo di Perugia in un panel dal titolo “Dal pettegolezzo ai palazzi di giustizia. Fenomenologia della nuova cronaca di giustizia ai tempi del Gossip” con Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera e due avvocatesse, Giulia Bongiorno e Caterina Malavenda. Alla fine ha deciso di ritirarsi, forse spaventato dalla platea che si annunciava non troppo benevola. Poi ha negato di aver mai accettato l’invito e ha annunciato una querela, non ci capisce contro chi e a che titolo (esiste forse un reato di tentata partecipazione?).

Per uno che ha costruito la propria carriera mistificando i fatti e creando servizi fotografici a tavolino, questa di mentire anche in una situazione del genere è una cosa insignificante e si potrebbe derubricare come semplice gossip, del quale Signorini peraltro è indiscusso maestro.

Invece ne parliamo perché questa vicenda ha risvolti che fanno riflettere.

Sembra infatti che tra i motivi (forse non il solo, ma probabilmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso) della rinuncia di Signorini ci sia l’intervento di Alessandro Giglioli nel suo blog Piovono Rane su sito de l’Espresso.

Giglioli si era molto indignato per la presenza di uno come Signorini al Festival del Giornalismo. Aveva scritto un post intitolato “Non è roba per Signorini” confessando di aver avuto la tentazione di non andare a Perugia, per una questione di “onestà intellettuale” e per non legittimare come giornalista “uno che di mestiere organizza agguati, produce consenso e getta fango secondo gli ordini del capo, insomma gestisce l’informazione di regime ben oltre il suo apparente incarico editoriale”.

Secondo me discorsi manichei come quelli di Giglioli sono sbagliati e dannosi. Che significa se c’è lui non ci vado io? Ma che ragionamento è? Abbiamo perso un’occasione ghiotta per vedere un personaggio come Signorini finalmente a contatto con il pubblico e non trincerato dietro una telecamera, dentro uno studio televisivo con un finto salotto di finti opinionisti pre selezionati per dire quello che sono stati istruiti a dire.

Garantire il pluralismo e la libertà di opinione significa dare la possibilità di parola anche a un Signorini. Pensare che il direttore di uno dei rotocalchi più venduti d’Italia, che spadroneggia in televisione e alla radio abbia bisogno di una legittimità dal Festival del Giornalismo è semplicemente ridicolo.

Io ci sarei andata eccome a seguire l’incontro di Signorini, casomai per dissentire su tutto, ma l’avrei lasciato parlare fino all’ultima parola. Fino a prova contraria non è uno stupratore, nè un pedofilo né un assassino.

E avrei voluto anche sentire dal vivo Vittorio Feltri e Giuliano Ferrara, che pure erano stati invitati e hanno gentilmente declinato.

Questi ragionamenti con i buoni di qua e i cattivi di là, non fa bene a nessuno. Se poi veramente ne facciamo una questione di “onestà intellettuale”, allora diventa ancora più difficile. Se gli invitati dovessero essere tutti senza macchia e senza paura, sarebbe quasi impossibile in Italia (ma credo in buona misura anche all’estero) riuscire a montare un festival, non solo di giornalismo, ma di qualunque cosa.

Al massimo si troverebbero partecipanti sufficienti per organizzare due tavoli di briscola.

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