Per mesi questo rinvio a giudizio è stato la fonte di noie e grattacapi per Luigi De Magistris. Non per l’accusa in sé, omissione di atti di ufficio per non aver disposto, quando era pm a Catanzaro, le nuove indagini indicate da un Gip su un caso di una vittima di usura, ma perché i suoi nemici ne hanno approfittato accomunandolo agli inquisiti sui quali indagava in Why Not e Poseidone. In quelle inchieste De Magistris provò a scoperchiare il verminaio degli intrecci perversi tra magistratura, politica e massoneria, prima che gli venissero sottratti i fascicoli, per poi essere costretto ad abbandonare la Procura.

Ma l’europarlamentare di Idv, candidato sindaco di Napoli per una coalizione che comprende anche dipietristi e Federazione della Sinistra, ha sempre professato la sua estraneità ai reati contestati e la sua diversità morale rispetto a chi voleva fare di tutta l’erba un fascio. Compresi alcuni esponenti del suo partito. E alla fine il Tribunale di Salerno ha riconosciuto la sua innocenza. La prima sezione Penale, presidente del collegio Maria Teresa Belmonte, stamane ha assolto De Magistris al termine di un processo celebrato in tre udienze concentrate tra febbraio e marzo. Difeso dall’avvocato Stefano Montone, De Magistris ha ottenuto una piena assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”. Respinta la tesi del pm Carmine Olivieri, che dopo aver ottenuto dal Gip Dolores Zingales il rinvio a giudizio, in arringa aveva chiesto la condanna a sei mesi di reclusione.

“Si trattava di un’accusa per me ingiusta e infamante – commenta De Magistris sulla sua pagina Facebook – ho dedicato, infatti, alla giustizia e alla legalità quindici anni della mia vita, giorno e notte, sempre e solo per mantenere vivo il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alle legge. Per questo, ho pagato sulla mia pelle la ferocia di pezzi deviati dello Stato, a cui non piace la magistratura autonoma e indipendente, non piegata e suddita al potere politico”. Quindi prosegue: “Ho avuto fiducia nel Tribunale di Salerno e questa fiducia è stata ripagata, facendomi dimenticare i mesi di sofferenza amplificata da una campagna di denigrazione e delegittimazione della mia persona, anche professionale. Una campagna diventata ancora più virulenta quando doveva colpirmi per il ruolo che attualmente rivesto in politica. Voglio sottolineare che sono stato assolto difendendomi nel processo e non dal processo, per altro senza utilizzare, pur potendolo fare, lo schermo della immunità parlamentare né scappatoie come quella del legittimo impedimento”.

Tortuosa e complicata da ricostruire la vicenda per la quale De Magistris era finito sotto processo. Comincia a Nardò, in Puglia, all’incirca cinque anni or sono. Un commerciante del luogo ha perso casa e lavoro e presenta una denuncia contro alcuni presunti usurai. I pm leccesi non riescono a riscontrare reati. Il commerciante denuncia pure i pm, ritiene che non hanno fatto in pieno il loro dovere. La competenza della denuncia passa quindi alla Procura di Potenza. I magistrati del capoluogo lucano archiviano l’inchiesta sui colleghi pugliesi. Il commerciante allora denuncia anche le toghe di Potenza. E la competenza passa a Catanzaro. Il fascicolo arriva sulla scrivania di De Magistris. E’ l’inizio del 2007. Il pm è nel pieno del lavoro delle inchieste Why Not e Poseidone. Fa le sue indagini sull’inchiesta scaturita dalla denuncia del commerciante. Ma anche lui trova ineccepibile il lavoro dei colleghi di Potenza. E il 12 marzo 2007 presenta richiesta di archiviazione. Il commerciante si oppone, il Gip fissa una camera di consiglio e dispone che De Magistris compia ulteriori indagini. Ma il pm non le svolge e ripropone la richiesta di archiviazione. Così il commerciante denuncia anche De Magistris. La competenza passa a Salerno. Dove l’ex pm viene rinviato a giudizio e infine assolto. “Le indicazioni del Gip non erano vincolanti” ha sempre sostenuto De Magistris. Il Tribunale gli ha dato ragione.

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