Nel gennaio scorso la Libia ha portato la sua quota di azioni in Finmeccanica al 2 per cento e aveva in corso 800 milioni di euro di commesse. E che commesse.

L’ Ansaldo per due sistemi ferroviari; l’Agusta che ha fornito 16 elicotteri ed è entrata in joint venture col governo libico per assemblarne di nuovi vicino Tripoli e poi venderli in tutto il mondo, anche se la legge 185 del ’90 vieta il commercio d’armi a paesi belligeranti ed è perfettamente evidente che l’Agusta avrebbe potuto sfruttare la triangolazione-copertura offerta dallo stato libico per esportarli in aree di crisi; e infine la Selex Sistemi Integrati di Marina Grossi in Guarguaglini che stava realizzando il controllo elettronico dei confini nel sud della Libia. Una commessa, quest’ultima, da 300 milioni di euro per la cosiddetta barriera antiimmigrati.

I nostri caccia (il governo giura che non sparano) saranno costretti a segnalare a francesi e inglesi come e dove scovare gli Agusta nuovi di pacca che potrebbero violare la no-fly zone? Le nostre Forze Armate verranno sollecitate a dettagliare dove e come funziona la barriera elettronica antiimmigrati che potrebbe essere stata riconvertita in barriera anti-ribelli da Gheddafi? Non lo sapremo mai, probabilmente. Per il resto, c’è chi si consola col fatto che non siamo i soli ad aver venduto armi al colonnello: l’ipocrisia è spesso un veleno dal sapore dolce. Il nostro governo sta con la Francia e invoca un intervento militare più moderato, sta coi ribelli ma si dispiace per Gheddafi. Quando il Berlusconi che fa affari personali col colonnello (nella Quinta Communications) e ha armato la mano che massacra i ribelli libici è lo stesso che aderisce alla coalizione militare che vuole colpire Gheddafi – e ne chiede il comando – ed è ancora quello che si addolora per la sua sorte assistiamo a un pezzo di tragica comicità politica senza che neppure Ghedini ci abbia messo la penna. Non pare infatti che l’avvocato abbia competenze sulle dichiarazioni di Berlusconi in politica estera, almeno per ora.

Magra figura anche per l’Europa. Che non ha sostenuto il popolo tunisino e quello egiziano, non ha speso una parola sui morti in Yemen e sulle nascenti proteste in mezzo Medio Oriente, quei movimenti non hanno ricevuto un soldo e nemmeno un ministro si è preso la briga di fare un giro d’orizzonte in quei luoghi. Tutti e solo preoccupati di fermare i profughi di là del mare. Se avessimo aiutato per tempo i ribelli libici avremmo probabilmente consentito loro di vincere. E forse il colonnello avrebbe già fatto le valigie. E invece arriva un’azione militare dell’ultimo momento, pianificata male e realizzata peggio. Dopo questi bombardamenti, la Libia conquisterà la sua libertà più facilmente? Ne dubito. Anche perchè proprio nessuno (Obama lo farà?) sembra voler parlare ora la lingua del negoziato.

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