Gli impiegati e i tecnici dell’Università bocciano il pacchetto anticrisi messo a punto dell’Alma Mater. Il provvedimento da due milioni di euro, approvato nei giorni scorsi e finalizzato ad aiutare i dipendenti dell’Ateneo nelle spese quotidiane, non convince i diretti interessati. Che denunciano: «Una presa in giro, non siamo stati ascoltati».

La manovra, fortemente voluta dal rettore Ivano Dionigi, si snoda in due tempi. La prima fase prevede l’utilizzo immediato di 1,2 milioni di euro per coprire le spese dell’iscrizione dei figli all’asilo nido, grazie un contributo che va dai 1000 ai 1500 euro a seconda della fascia di reddito. Ma non solo. Il fondo permetterà a tutto il personale tecnico amministrativo di usufruire di sconti per gli abbonamenti dei bus e del treno per il tragitto casa-lavoro, di avere un contratto agevolato per le chiamate telefoniche, e di non pagare per un anno la rata universitaria dei figli iscritti nelle facoltà bolognesi. Infine, consentirà di quadruplicare, da cento a 400mila euro, le risorse per garantire sussidi a chi è in gravi difficoltà per malattie o perdita del lavoro.

L’iniziativa, già annunciata a dicembre durante i lavori per l’approvazione del Bilancio preventivo 2011, si chiuderà con l’assegnazione dei restanti 800mila euro, di cui però si devono ancora decidere tempi e modalità. La manovra ha ottenuto il via libera del Consiglio d’Amministrazione durante la riunione di martedì scorso, tra la soddisfazione di Dionigi e dei vertici dell’Università che hanno giudicato l’operazione «uno straordinario impegno in tempi di tagli».

Di tutt’altro avviso invece i destinatari del provvedimento, alcuni impiegati e tecnici dell’Ateneo. «Di due milioni di euro – denuncia Antonella Zago, portavoce del personale tecnico amministrativo – il rettore ne ha già utilizzati 1,2 senza recepire nessuna delle richieste e senza discutere con noi». La firma dell’accordo infatti è arrivata solo dalla Cgil, ovvero uno dei 4 sindacati presenti. Tra gli altri, la Cub, ha rifiutato la proposta, considerandola inadeguata rispetto alle necessità dei dipendenti. «Bisognava fare in modo di garantire aumenti di risorse a tutti – continua Zago – e non solo a una minoranza interessata. L’ideale sarebbe stato un aumento del buono pasto. Ma come al solito Dionigi ha voluto fare di testa sua, senza consultarci».

Intanto dal 1 aprile i dipendenti dell’Università, già penalizzati dal blocco triennale del contratto previsto dalla riforma Gelmini, rischiano di vedere sottratti circa 80 euro dalla busta paga, a causa del taglio della quota integrativa. Le speranze si concentrano quindi sulle risorse rimaste: «Speriamo che prima di decidere come spendere i soldi che mancano, si possa avviare una discussione, in modo che le decisioni non vengano prese in modo arbitrario dal rettore». Le premesse però non fanno ben sperare. Dai primi studi sembra infatti che la cifra restante sarà destinata a coperture sanitarie di vario tipo. Un’ipotesi che ha già messo i sindacati sul piede di guerra: «Così i soldi finiranno in mano alle assicurazioni. Non a noi».

Articolo Precedente

La motor valley non romba più: la Maserati rischia
di essere trasferita a Torino

next
Articolo Successivo

I tentacoli di B. stanno per soffocare la rete

next