Alla fine, a conti fatti, l’annuncio ha stupito ben poche persone, almeno all’ombra dell’Appennino e dintorni: che il Comune di Salsomaggiore non potesse permettersi di ospitare nuovamente il concorso di Miss Italia era cosa risaputa ai più, al punto che il fronte del “No” si era persino imposto in un recente sondaggio in città.

Basta passerelle e lustrini, l’opinione di commercianti e cittadini: meglio ripiegare su un altro target di eventi per fare da volano, ma stavolta seriamente, al sempre più zoppicante turismo locale già alle prese con la crisi cronica della Terme. E così, dopo il valzer di voci degli ultimi anni che aveva indicato tra le papabili anche san Benedetto del Tronto e Jesolo e raschiato già a suo tempo il proverbiale barile, a un mese dalla rottura ufficiosa (l’ennesima della serie) delle trattative, ecco l’annuncio dello strappo, stavolta sì ufficiale e definitivo, tra Miren, società che organizza l’evento per conto di Patrizia Mirigliani, e Salso. Motivo di quella che le parti definiscono eufemisticamente “risoluzione consensuale della convenzione” – in realtà un divorzio a tutti gli effetti – i 600mila euro che non potranno essere destinati più alla kermesse dal bilancio comunale, approvato a fine anno. Da allora, settimane di silenzi ostinati, con Miren che attendeva lumi dal Comune il quale nell’ordine, dopo aver preso tempo, sperato fino all’ultimo in non meglio precisati interventi esterni – pubblici o privati che fossero non sono comunque arrivati – e sognato persino il miracolo (il sindaco Massimo Tedeschi si era persino spinto a esternare pubblicamente che se Rai e Miss Italia avessero regalato il concorso, (“allora si poteva fare”) ha alzato infine bandiera bianca.

Il laconico comunicato congiunto tra società d’area – che riunisce i principali interlocutori, Comune, Terme e associazioni imprenditoriali locali – e la stessa Mirigliani, pone fine a un rapporto durato quasi mezzo secolo con poche, semplici parole: “Si è concordato di sospendere la storica collaborazione tra le parti”.

Ma c’è dell’altro: a rendere grottesca una situazione di per sé già imbarazzante, è quanto si legge più avanti nella nota, un passaggio in cui si spiega candidamente che “quando e se le condizioni economiche si saranno ristabilite” (sic!), Salsomaggiore sarà la prima tra le sedi interpellate. Con buona pace di coloro che credono alla teoria della “pausa di riflessione” e in attesa dunque di un miracolo che non sarà – in presenza degli attuali tagli in Finanziaria non appare certo verosimile ipotizzare un cambio di direzione e un salto di qualità nel breve periodo – Sanremo (gettonatissima come alternativa anche Rimini) si prepara a ringraziare sentitamente e portare a casa anche le finali della bellezza made in Italy, prendendo dunque sotto la sua ala protettrice anche quest’altro “carrozzone” oltre a quello più noto, il Festival della canzone italiana, già sua esclusiva dalla notte dei tempi.

E Parma? La città di Maria Luigia d’Asburgo-Lorena si lecca le ferite e spera in tempi migliori riponendo i sogni di grandeur in un cassetto: dopo aver rinunciato giocoforza alla tanto cara (in ogni senso) metropolitana prima e a Miss Italia ora e con le vicine terme salsesi, monumento della storia locale, che non vivono certo il loro momento più felice – a fine estate si era arrivati addirittura a metterne pesantemente in dubbio il futuro – punta tutte le fiches che restano sul Festival Verdi. Con il bicentenario della nascita del grande maestro di Busseto ormai alle porte (2013), non sarà permesso fallire ancora anche se l’aria che tira, tra tagli alla Cultura, proteste vibranti sui prezzi dei biglietti del Teatro Regio e musicisti (precari) sempre più sul piede di guerra, lascia presagire altre nuvole nere all’orizzonte.

a.de.n.

Articolo Precedente

L’incubo di noi progressisti

next
Articolo Successivo

Parma, buco da 500 milioni
Vignali chiede aiuto a Letta

next