Prende forma il disegno voluto dal ministro Gelmini. La commissione incaricata di riscrivere lostatuto dell’Università di Bologna ha diffuso ieri sulla rete intranet dell’Ateneo i primi risultatidei lavori. Scuole al posto delle facoltà e riorganizzazione dei dipartimenti sono i nodi ancora da sciogliere, e su cui si concentrano le preoccupazioni di docenti, ricercatori e, soprattutto, studenti.

La riforma impone che entro il 2013 ogni dipartimento abbia minimo 50 docenti. Attualmentea Bologna però solo 20 dipartimenti su 70 rispondono a questo criterio. Tutti gli altri sarannoquindi accorpati per raggiungere il numero minimo di componenti. Alcuni gruppi sono già nati: il dipartimento di Filologia Classica e Italianistica si è unito a Lettere, così come quello di Scienze Mediche Veterinarie è confluito in quello di Veterinaria, mentre il Dicam (Ingegneria Civile, Ambientale e dei Materiali) è stato inglobato da Ingegneria.

I dipartimenti saranno poi organizzati in macroaree, le cosiddette Scuole, che andranno a sostituire le facoltà così come le conosciamo oggi. Per legge non dovranno essere più di 12. Le ipotesi sono due: passare da 23 facoltà a 5 maxi-scuole o arrivare a 12 evitando di assimilare discipline troppo diverse tra loro. Per effetto dellariforma, inoltre, i corsi di laurea che non hanno un adeguato rapporto docenti/studenti sarannochiusi o assorbiti da altri corsi. Questo significa che rischiano di sparire corsi con pochi iscritti, come Tecnologie per la Conservazione e il Restauro o alcuni corsi di Scienze Politiche e di Lingue e Letterature Straniere, mentre sarà introdotto il numero chiuso per i corsi più “gettonati”.

Ancora oscuri i criteri usati per ripartire i soldi tra dipartimenti e scuole. E mancano ancora ipotesiconcrete sui come saranno eletti i vertici delle varie scuole. Il sospetto di alcuni docenti è che sitenda a concentrare il potere di organismi molto grandi come le scuole in poche mani, secondo unalogica propria più a un’azienda che a un’università.
L’assorbimento dei dipartimenti e la chiusura dei corsi di laurea sono sicuramente tra le questioni più delicate nella stesura del nuovo statuto. Sono molti gli accademici che vogliono difendere ilproprio territorio e non vedono di buon occhio accorpamenti e assimilazioni. Di diversa natura invece i timori degli studenti, che si chiedono se ci saranno ricadute sul piano della didattica equale sarà il futuro di chi vedrà chiudere il proprio corso di laurea. Che tipo di prospettive ha chi si immette nel mercato del lavoro con una laurea che non esiste più?

Altrettanto care agli studentile questioni della rappresentanza e del diritto allo studio. Nell’audizione prevista per venerdì, i due studenti presenti in commissione chiederanno di avere dei rappresentanti in tutti gli organi. Inclusi la commissione paritetica e il nucleo di autovalutazione, ossia gli organismi che avranno il compitodi verificare la qualità della didattica e dei servizi agli studenti.
La commissione statuto, nominata dal rettore Ivano Dionigi il 30 marzo scorso ma operativa solo dal 29 gennaio, ha tempo fino a metà aprile per raccogliere, attraverso singole audizioni, le richiestee i pareri delle diverse componenti dell’Ateneo. I successivi 45 giorni saranno dedicati ai dibattitinelle facoltà e dei dipartimenti. La legge Gelmini prevede che l’approvazione del nuovo testoavvenga entro il 29 luglio. Pena: il commissariamento dell’Università.


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