A meno 25 gradi non è facile ragionare. Ma neppure camminare per strada per più di venti minuti. Così eccoci a Mosca. Neve e ghiaccio per le strade, qui anche mettere un piede nel posto sbagliato può essere decisivo. L’autista sa che mi deve portare al cinema e quando chiedo di passare prima in hotel si scatena un finimondo di telefonate. Tutto quello che non è previsto dall’alto qui genera sconcerto, almeno mi pare di capire. Del resto tutti quegli anni di obbiedienza alle regole hanno lasciato il segno. Salgo e dopo cinque minuti mi richiamano dalla hall, non è proprio il caso di perdere tempo.

Arriviamo al cinema, la rassegna curata da Marco Muller sui film italiani in collaborazione con la Biennale di Venezia attira pubblico attento educato giovane. Grande entusiasmo per i nostri film dunque e a fine proiezione applausi russi, intensi e solidi. La notte moscovita porta fiocchi di neve grandi come lucciole. La hall dell’hotel Ritz è il posto dove sembra succedere di tutto e tutto quello che conta in questa città. L’immaginazione va al bel film Le vite degli altri che pullulava di spie e amori impossibili. In questi salotti eleganti fino allo sfinimento tra i lampadari swaroskiani del peso di una tonnellata sfilano gli uni accanto agli altri mondi misteriosi, donne dalla pelle bianchissima e piccoli uomini d’affari, guardie del corpo in borghese inequivocabilmente al lavoro e anche Ornella Muti, presenza bionda e inafferrabile.

In questa stessa ambientazione con la luce del mattino vengo invitata a non sedermi. Insisto e mi si avvicina un uomo grigio, sottile che mi chiede sottovoce se può farmi accompagnare in stanza. Pare ci sia una bomba nell’hotel. Sembrerebbe il minimo in una simile atmosfera. Vengo salvata dal camioncino che ci riporta alla masterclass sul cinema italiano e lascio l’hotel e il senso di inquietudine. La sera a casa dello scultore russo che fa busti ai grandi del cinema e dell’arte mi sento immediatamente catapultata alla fine dell’800. Tutti fotografano tutto, lo scultore ritrae e scolpisce in diretta, una coppia di cantanti lirici ci impartisce liriche a domicilio e una tavolata di quaranta persone disposte su due file lunghissime  parlano solo russo. Al ritorno scopro che l’hotel è ancora intatto e così anche l’inquietudine.

Tre giorni sono pochi per la Grande Madre Russia, troppo pochi davvero eppure  mentre aspetto all’alba di tornare all’aereoporto l’Italia mi sembra adesso il paese più bello del mondo.

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