Gheddafi lasci in cambio di un salvacondotto. Il capo del Consiglio nazionale provvisorio libico costituitosi a Bengasi, l’ex ministro della giustizia Mustafa Abdel Jalil, ha lanciato un ultimatum al rais: “Se Gheddafi lascia il Paese entro 72 ore, e ferma i bombardamenti, noi non lo perseguiremo per i suoi crimini”, ha detto alla tv Al Jazeera.

L’ultimatum arriva dopo che in mattinata i ribelli hanno detto di aver respinto l’offerta del rais di convocare il Parlamento allo scopo di raggiungere un’intesa. “Noi abbiamo respinto l’offerta di una trattativa”, ha detto il portavoce degli insorti libici da Bengasi Mustafa Gheriani, parlando con l’agenzia Reuters – Non negoziamo con qualcuno che ha versato il sangue libico e continua a farlo. Perché noi dovremmo avere fiducia oggi?”. Ieri Al Jazeera aveva anticipato che Gheddafi aveva offerto agli insorti di convocare una sessione del Congresso del Popolo libico per preparare la strada a un suo ritiro indolore: il colonnello potrebbe lasciare il potere, una volta ottenute adeguate garanzie.  Il rais, da parte sua, dice di non aver mai fatto nessuna offerta. Ma è un rincorrersi di voci, proclami e smentite. L’emittente Al Jazeera, di prima mattina, ha affermato che fonti del Consiglio nazionale ad interim, costituito a Bengasi, hanno detto al suo corrispondente nel capoluogo della Cirenaica che l’offerta c’è stata ed è stata respinta dai ribelli perché avrebbe portato a una “onorevole” uscita di scena per Gheddafi e sarebbe stata insultante per le sue vittime.

Della proposta del leader libico agli insorti avevano parlato anche il giornale saudita, edito a Londra, Asharq al Awsat, e la stessa Al Jazeera. La tv di stato libica ha smentito la notizia di primo mattino.

Sempre secondo Al Jazeera il colonnello Gheddafi, intanto, ha scelto l’ex primo ministro Jadallah Azzouz Talhi come inviato per trattare con i ribelli di Bengasi perché è cugino dell’ex ministro della Giustizia, Mustafa Abdel Jalil, ora a capo del Consiglio nazionale degli insorti. Talhi è uno dei pochi esponenti del regime di Gheddafi che per ragioni tribali e di parentela poteva entrare a Bengasi e trattare con gli insorti senza temere per la propria vita. La forze fedeli al regime di Muammar Gheddafi, intanto, si preparano a minare la zona che circonda la città di Sirte e i giacimenti di petrolio di quell’area. Lo riferisce la tv satellitare al-Arabiya, secondo cui Gheddafi sarebbe deciso a difendere ad ogni costo Sirte, considerata la sua roccaforte, dall’avanzata dei ribelli di Bengasi.

Bombe sull’hotel dei giornalisti e raid su insorti. Un ordigno è esploso stamani a Bengasi poco dopo le 4 ora locale (le 3 in Italia) davanti all’hotel Ouzo dove alloggiano molti giornalisti. L’esplosione, di potenza contenuta, apparentemente di una bomba a mano, ha provocato vicino alla porta d’ingresso lo sfondamento di due vetrate e un buco per terra di qualche centimetro. L’hotel Ouzo a Bengasi è diventato, sin da pochi giorni dall’inizio della rivolta (il 17 febbraio), punto d’incontro degli inviati internazionali. Il Consiglio dei rivoltosi vi ha stabilito anche un suo punto stampa.

Medico di Msf portato via da un gruppo armato. Questa mattina un medico giordano appartenente all’organizzazione internazionale Medecins sans frontieres è stato condotto via proprio da un albergo di Bengasi da uomini armati.

Intanto i caccia dell’aviazione libica hanno compiuto una nuova serie di raid contro le postazioni degli insorti nella zona di Ras Lanuf.  Secondo fonti locali, il Consiglio nazionale dell’opposizione avrebbe chiesto ai suoi miliziani di non avanzare ancora verso Sirte e di aspettare l’arrivo di alcuni reparti dell’esercito libico passati con i ribelli prima di procedere verso la roccaforte di Gheddafi.

Le forze lealiste hanno attaccato con aerei e carri armati la città di Zawiya, una cinquantina di chilometri a ovest di Tripoli, ma i ribelli controllano ancora il centro cittadino: lo dicono due testimoni residenti al telefono con l’agenzia Reuters.

La risposta a Obama. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, “ha parlato come un bambino”. Così il ministro degli Esteri libico Musa Kusa ha commentato le dichiarazioni di ieri sera dell’inquilino della Casa Bianca, il quale ha confermato che l’intervento armato viene valutato seriamente dalla Nato e ha definito “inaccettabile” la situazione libica, assicurando che “i collaboratori di Gheddafi renderanno conto di tutta questa violenza”. “Credevamo che fosse un uomo democratico – ha commentato Musa Kusa – e che avrebbe teso la sua mano al prossimo, soprattutto alla gente del terzo mondo, visto che lui arriva proprio da lì”. “Ma sfortunatamente ha parlato come un bambino – ha aggiunto – dicendo che punirà tutti quelli che sostengono Muammar Gheddafi”.

Riunione straordinaria della Lega araba. I ministri degli Esteri della LegaAraba terranno invece questo venerdì una riunione straordinaria per discutere della crisi in Libia. Lo rendono noto fonti dell’organismo panarabo.

Conferenza islamica: sì alla no fly zone. ll segretario generale dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, Ekmeleddin Ihsanoglu, ha chiesto alle Nazioni Unite di imporre una no-fly zone sul territorio libico, con l’obiettivo di proteggere la popolazione civile dagli attacchi aerei del regime attraverso il divieto di sorvolo. “Uniamo la nostra voce a quelle che reclamano una no-fly zone in Libia, e ci appelliamo al Consiglio di Sicurezza affinche’ adempia il proprio dovere al riguardo”, ha dichiarato il diplomatico turco aprendo nella sede centrale della stessa Conferenza, nella citta’ santa saudita di Gedda, una seduta di emergenza dedicata alla crisi nel Paese nord-africano. L’entita’ pan-islamica, la piu’ grande a carattere sovranazionale dopo la stessa Onu, ha una propria rappresentanza permanente presso il Palazzo di Vetro.

Congelati i fondi d’investimento. Nuovo giro di vite nelle sanzioni europee contro la Libia: i 27 paesi della Ue hanno sancito l’accordo politico per estendere il pacchetto di misure restrittive già varate nei confronti di Gheddafi e del suo entourage agli asset controllati da cinque fondi d’investimento libici, in primo luogo la Libyan invesment authority. Per l’Italia ciò comporterà di fatto il congelamento delle quote che la Lia detiene in diverse società, prime tra tutte Unicredit, Finmeccanica e Juventus. ”Se questo fosse confermato i diritti di voto degli azionisti libici in Unicredit verrebbero congelati”, ha dichiarato un portavoce del gruppo bancario.

La parola passa ora alle singole capitali. Le diplomazie nazionali dovranno, nelle prossime ore, dare il loro esplicito assenso al testo del regolamento attuativo attualmente in fase di stesura. Secondo fonti comunitarie, l’obiettivo resta quello dell’entrata in vigore delle nuove sanzioni per venerdì prossimo, in concomitanza con la riunione del vertice straordinario dell’Ue chiamato a fare il punto sulla situazione in Libia e negli altri Paesi nordafricani investiti dalll’onda delle rivolte. Per Muammar Gheddafi e i principali esponenti del regime, il nuovo intervento Ue rappresenta un colpo al cuore dei loro interessi finanziari. La sola Libyan investment authority controlla asset il cui valore è stimato in circa 70 miliardi di dollari.

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