Due fatti delle ultime ore che aiutano a capire quello che sta succedendo a Napoli.

Venerdì pomeriggio, passata la paura dell’arrivo del Commissario prefettizio, Rosa Russo Iervolino, sindaco di Napoli da 10 anni, è tornata a Palazzo San Giacomo ed ha tenuto una riunione di Giunta che ha approvato importanti delibere. Ordinaria amministrazione? No, purtroppo. Ma una variante al Piano urbanistico attuativo di Bagnoli su cui si misura il fallimento, dopo 18 anni, del governo della città di Napoli. Una variante grave perché sostanzialmente consente la costruzione di 600 case in più in sostituzione di attività del terziario avanzato. Bagnoli, luogo simbolo del presidio operaio della Italsider, che aspettava bonifiche, recupero della linea di costa attraverso la rimozione della colmata a mare e rilancio produttivo con attività a basso impatto ambientale, si trova oggi a veder stravolto quello che era stato il Piano regolatore voluto da Vezio de Lucia a fine anni 90. Su Bagnoli si tradisce lo spirito della scelta iniziale di una grande opera di trasformazione urbana e industriale, sull’esempio delle migliori esperienze europee. Con il cambio di destinazione urbanistica si stravolge quello spirito e si cede alla lobby dei costruttori.

Sabato mattina, nel centro storico di Napoli, in un teatro stracolmo con centinaia di persone rimaste fuori, è partita la campagna elettorale di Luigi De Magistris, candidato a Sindaco di Napoli. C’erano le associazioni, i comitati di cittadini contro le discariche e gli inceneritori, c’erano gli operatori del terzo settore che denunciano la pessima gestione delle politiche sociali del Comune e del mancato finanziamento da parte della Regione, c’erano gli operai della Fiom, il mondo dei saperi dall’università alle professioni, c’erano gli artisti, ma c’era soprattutto il popolo della sinistra che è stanco delle modalità di governo di questi anni.

C’era la Napoli che non si rassegna all’idea che per liberarsi dalle gestioni clientelari del centrosinistra e del bassolinismo debba consegnare anche la città di Napoli alla destra collusa con la camorra dei Cosentino e dei Cesaro. C’era il Prc e la FdS, ma le assenze che si notavano di più erano soprattutto quelle del Pd e di Sel.

Non si capisce perché Sel continui a nicchiare e a mantenere una sorta di subalternità al Pd campano che, dopo il disastro delle primarie, piuttosto che fare autocritica e lasciare la mano a chi meglio potrebbe incarnare la voglia di riscatto di una città e del suo popolo, vuole imporre un suo nome come quello del prefetto Morcone, sconosciuto nella città.

Sembra quasi che il Pd preferisca perdere le elezioni a Napoli piuttosto che cambiare radicalmente il modo di concepire il governo, come è già avvenuto alle provinciali del 2009 e alle regionali del 2010. Se non si fanno i conti con quello che è avvenuto in questi 18 anni di governo delle Istituzioni locali, non si uscirà dal tunnel. Se non si fa un’autocritica profonda e vera rispetto alle aspettative deluse dei cittadini, difficilmente si può riprendere un cammino comune… Sarebbe auspicabile un sussulto di dignità della Iervolino con le dimissioni volontarie e la parola fine a una storia che si chiude mestamente.

Con Luigi De Magistris oggi ci sono le condizioni per un nuovo inizio a Napoli, nel Meridione e con uno sguardo attento a quanto ci arriva dall’altra sponda del Mediterraneo.

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