Si è conclusa ieri la tre giorni di lavori a Napoli dal titolo “Il diritti alla prova della crisi”, un’iniziativa nata con l’obiettivo di incrociare la lotta del comitato campano “Il Welfare non è lusso” con le altre esperienze italiane. Secondo i promotori, tra gli effetti della crisi figura in primo piano la riduzione dei servizi. ” E’ stata un’iniziativa – racconta Sergio D’Angelo, portavoce del comitato – di grande conforto per la nostra battaglia. In gioco non c’è solo la qualità e quantità di Welfare, ma l’idea di Paese che vogliamo costruire”.

In Campania la situazione è al limite per l’effetto incrociato dei tagli nazionali con quelli regionali.

Solo nel terzo settore sono 20mila gli operatori che rischiano il posto di lavoro in regione, personale che si occupa quotidianamente di disabilità, migranti, tossicodipendenti e sofferenti psichici. “La Campania in questo periodo – continua D’Angelo – è l’epicentro delle difficoltà che si stanno allargando a tutto il Paese. In una crisi economica di queste dimensioni bisognava fare esattamente il contrario, invece, si è provveduto a tagli orizzontali. A pagare gli effetti più gravi di queste scelte sono le persone più deboli che sono concentrate soprattutto al Sud. Sottrarre risorse al welfare in questa fase è grave, ma per una regione come la Campania diventa insostenibile come costo sociale, in una terra dove ci sono i tassi più elevati di disoccupazione, gli indici più alti di dispersione scolastica e di microcriminalità”.

Basta confrontare il dato di spesa media sociale pro capite in Campania, intorno ai 30 euro, con la Valle D’Aosta, 344 euro, o con il dato medio nazionale, 65 euro.

Il comitato campano è arrivato alla tre giorni dopo mesi di mobilitazioni, occupazioni (ancora presidiato l’ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi) per chiedere interventi urgenti alle istituzioni, in primis alla regione.

In effetti il bilancio dei tagli è devastante. Il fondo sociale nazionale è passato dal miliardo del 2008 ai 273 milioni del 2011, una sforbiciata intorno al 75%. Non solo, sono stati completamente cancellati i fondi per l’inclusione degli immigrati, per i non autosufficienti e per l’infanzia. E anche la regione Campania ci ha messo del suo. Si è passati da un investimento nelle politiche sociali di 110 milioni di euro nel 2010 ad una previsione di spesa per il 2011 di 13 milioni di euro.

E’ anche per questo che il comitato non ha nessuna intenzione di fermarsi e, dopo questo incontro, rilancia un incontro nazionale a Roma il prossimo 8 marzo. In programma anche una manifestazione per difendere i posti di lavoro.

Gli operatori del terzo settore si preoccupano dei livelli occupazionali, ma anche delle ricadute sociali di questa chiusura. “ Non pagano solo gli operatori – racconta Massimo De Benedictis, presidente della cooperativa Il Calderone – non pagano solo coloro che usufruiscono dei servizi, sono i cittadini, la comunità tutta a pagare. La prima ricaduta è sulla sicurezza urbana, i nostri centri si occupano di chi ha dipendenza da sostanze (eroina, cocaina) se chiudono queste persone troveranno nella strada il loro unico spazio di vita. L’altra grande ricaduta è sulla famiglia che dovrebbe farsi carico completamente dei propri cari.

Il disastro è per il sistema sociale, non solo per chi non avrà un lavoro”. Il welfare, ma anche la sicurezza e la famiglia, i temi sbandierati in campagna elettorale e abbandonati quando si arriva al governo.

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