Alle 21 l’Auditorium Parco della musica di Roma è già pieno e, per essere un mercoledì, l’effetto visivo è travolgente. Quando Alessandro Mannarino sale sul palco, il pubblico è già carico di passione e pronto al viaggio del gitano romano. Alessandro affronta la platea da artista navigato, la incanta e la trascina via con sé, nelle sue rumbe gitane, nel folk e nella pizzica per passare allo swing anni Sessanta. Il racconto è uno spaccato di vita reale, un paese, l’Italia, da amare e da svegliare.

E’ nel rapporto tra amore, donne e vino che Mannarino da il meglio di sé. Il cantautore romano torna sul teatro musica che fu di Gaber, seppur con un accostamento a Vinicio Capossela, e rimane un artista unico. E’ malinconico, irriverente anche quando nei suoi testi e nelle sue ballate romanesche ci porta davvero indietro nel tempo, a quando Gabriella Ferri cantava Le mantellate. La carica emozionale non manca mai e quando vedi gli aficionados ballare e strepitare ti accorgi di quanta gavetta Alessandro ha fatto.

L’auditorium ha una certa sacralità classica e per accogliere la musica di Alessandro forse non è proprio il luogo adatto. Ma al gitano interessa poco, perché non distoglie mai lo sguardo dal pubblico nemmeno un attimo. Di strada ne farà tanta perché, oltre alle donne e al vino, c’è il Mannarino che nel campo Rom ci racconta di una vita ai margini della società e Tevere Grand Hotel è il pezzo che lo consacra. In Svegliatevi italiani c’è tutto l’impegno politico speso nel contrastare l’Italia del botulino, delle veline a Sanremo e degli Amici di Maria De Filippi. Il bello è vedere che c’è ancora posto in questo paese per quelli come lui e per quelli come noi che lo seguiamo. Sta di fatto che per Alessandro l’amore è davvero un’altra melodia, perché è reale e tagliente. La vita vera, di strada, non lascia spazio all’immaginario evanescente e ai drammi adolescenziali.

Svegliatevi italiani brava gente, qua la truffa è grande e congegnata. Oggi artisti così ci raccontano di cosa avremmo bisogno per riprenderci questo paese. I pagliacci alle volte diventano pericolosi, ma lui no, perché il suo sorriso amaro ci fa ricordare quei menestrelli che hanno lasciato un segno nel nostro paese.

Articolo Precedente

Mannoia: “Per liberare il pensiero? Io scappo su Saturno”

next
Articolo Successivo

Diritto d’autore online, la strada è ancora lunga

next