Ci sono riusciti tunisini ed egiziani, ce la stanno facendo pure i libici (seppure pagando un prezzo carissimo). Perché noi no? Il nostro Paese tecnicamente non è sotto dittatura, ma è anche vero che la maggioranza sta in piedi a suon di parlamentari comprati, dopo essersi spaccata, aver perso i pezzi per strada, ed essere ormai in ostaggio di un solo uomo che per non finire sotto processo (uno dei tanti processi) paralizza un intero Paese.

Non solo. I partiti e le coalizioni che gli italiani hanno votato (non gli uomini, visto che non si potevano esprimere preferenze a causa delle liste bloccate di questa legge-truffa) non corrispondono più all’assetto parlamentare. Insomma, abbiamo votato una cosa e ora ce n’è un’altra. Talmente diversa che questa maggioranza tenuta su con lo scotch non è d’accordo nemmeno sulla festa per l’Unità d’Italia (“Per noi è un lutto”, ha detto Calderoli, e quel “noi” se non sbaglio sta per l’intera Lega che, se non sbaglio, è indispensabile a mantenere in piedi la maggioranza).

Avremmo diritto a votare di nuovo? Eppure “il palazzo” non si pone nemmeno il problema. Né la maggioranza – alla quale basta “avere i numeri” per tenere duro a qualunque costo – né l’opposizione, la quale grida di volere le elezioni ma non fa nulla per esigerle. Per molto meno, ai tempi della prima Repubblica, si squagliava un governo dopo l’altro, tanto che si era coniata l’espressione di “governi balneari”, che duravano il tempo di un’estate.

“Basta strappi, se no la legislatura è a rischio” ha detto il capo dello Stato. Ma gli strappi, i due strappi più laceranti per la coesione del nostro Paese, sono già avvenuti. Il primo da quando la maggioranza ha governato contro la minoranza e non per il benessere e lo sviluppo di tutto il Paese; il secondo, e il più grave, dal momento in cui la maggioranza del palazzo non corrisponde più a quella degli elettori. Il presidente della Repubblica è certamente garante del rispetto della Costituzione e della governabilità del Paese, ma è innanzitutto garante del rispetto delle regole della democrazia, prima fra tutti quella per la quale chi governa ha il consenso degli elettori. E oggi è perlomeno dubbio che quel consenso esista ancora.

Allora – io dico – voglio votare. Se poi le urne confermeranno questa maggioranza, buon per lei. Ma il diritto di votare lo voglio. È eversivo scendere in piazza se questo diritto viene negato? È eversivo assediare pacificamente il “palazzo” se quello stesso “palazzo” è sordo e asserragliato dentro le mura a difendere il premier da bunga-bunga?

Milioni di tunisini, egiziani e libici ci stanno insegnando che si possono abbattere addirittura le dittature, scendendo semplicemente e pacificamente in piazza. Noi avremmo solo bisogno di chiedere il voto, restando in quelle piazze finché non viene permesso di esercitare quel diritto democratico fondamentale. È folle pensare che si possa osare tanto? Ci sono diversi milioni di italiani che non ne possono più di questo teatrino della politica. Che aspetta l’opposizione a gettare uno sguardo fuori dalle finestre del palazzo? Basterebbe uno sguardo fugace, se ne accorgerebbe subito.

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