Il 2 febbraio scorso – ventidue anni dopo quella sera del 26 settembre dell’88, in cui Mauro Rostagno cadde sotto i colpi di una lupara – è finalmente iniziato il processo per un omicidio i cui presunti esecutori materiali e forse almeno un mandante, sembra siano stati identificati nei mafiosi Vincenzo Virga & Vito Mazzara.

La celebrazione del processo si deve soprattutto a Carla, la sorella di Rostagno, che per 22 anni si è cocciutamente opposta all’archiviazione dell’inchiesta, oggi nelle mani del procuratore aggiunto Antonio Ingroia e al pm Gaetano Paci.

Su questa controversa inchiesta il Fatto è intervenuto il 6 ottobre 2010, con un condivisibile pezzo titolato Così muore un italiano che Marco Travaglio ha dedicato a Mauro. Articolo corredato dalla meno condivisibile biografia a fumetti dedicata a Rostagno, edita da Becco Giallo e pre/fatta, per non dire pre/confezionata, dal molto trasversale Adriano Sofri il quale, oltre a scrivere su Repubblica, scrive anche sul Panorama del Caimano e sul Foglio igienico di Giuliano Ferrara, consigliere di punta-tacco del premier così/detto.

Pur non avendo ancora avuto il piacere di esaminare il suddetto fumetto, non credo di poterne condividere il contenuto, ritenendo sia basato su un supposto video – che Rostagno avrebbe girato ma che purtroppo non è stato ancora ritrovato – il quale documenterebbe un presunto traffico di armi con la Somalia, a cui Mauro avrebbe assistito nascosto dietro un cespuglio di un aeroporto trapanese in disuso, come risulta da un’unica testimonianza rilasciata alle autorità inquirenti, da un noto mitomane, già supposto membro di Lotta continua, che ho conosciuto e intervistato e che mi auguro sia rintracciato affinché possa deporre al processo.

Il Fatto del 30 gennaio ritorna sul processo con un pezzo titolato Rostagno, 22 anni dopo mafiosi alla sbarra, in cui Valeria Gandus sembra dare la stura al consueto processo mediatico, che gran parte dei media italioti sono abituati a celebrare, a prescindere dalle evidenze delle autorità inquirenti e giudicanti.

La Gandus, inviata speciale di Panorama, scrive come se volesse anticipare le conclusioni di un processo ancora ai preliminari:
primo, dando per accertato che i due mafiosi imputati Vincenzo Virga & Vito Mazzara siano rispettivamente il mandante e l’esecutore del delitto;
secondo, che Monica Serra, che era nell’auto di Mauro nel momento della deflagrazione di armi pesanti, abbia avuto modo di uscire dall’auto nebulizzata dal sangue – avete presente Pulp Fiction di Quentin Tarantino? – senza nemmeno una macchiolina sulla sua tuta bianca immacolata;
terzo, che Mauro Rostagno fosse “figlio prediletto” di Lotta Continua, invece che membro fondatore della stessa a pari diritto con Sofri and Co.;
quarto, che Mauro sia stato ucciso due giorni prima di essere sentito dai giudici di Milano, per una testimonianza a favore di Sofri and Co., esiziale circostanza ancora tutta da verificare in sede processuale;
quinto, che l’ordine di eliminare Rostagno possa essere venuto dagli immancabili don di prammatica Totò Riina & Ciccio Messina Denaro.Ma dal processo potrebbe uscire altro – conclude la Gandus – un coinvolgimento nel delitto dei servizi segreti deviati con la mafia e […] traffici illeciti (leggi:armi) fra Italia e Somalia” & chi più ne ha più ne metta, aggiungo io.

Valeria Gandus torna in scena con un suo post sul Fatto titolato La pista mafiosa dell’omicidio Rostagno, in cui dopo cita la presa di posizione dell’avvocato Luigi Li Gotti “Rostagno non è morto per lupara: è stato fatto tacere! Sicuramente. Ma alla vigilia di un interrogatorio…” – il quale avvocato accusò a suo tempo Lotta continua, oltre che dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi, anche di quello di Mauro Rostagno. La Gandus conclude rimarcando che “l’effetto di quell’avviso di garanzia, nell’estate del 1988, fu soprattutto un altro: minare la credibilità di Rostagno, delegittimarlo, vanificare, di fatto, le sue denunce”.

E ancora la Gandus – rivolgendosi a quel magistrato che nell’agosto dell’88 inviò da Milano quell’avviso di garanzia che raggiunse Rostagno 30 giorni prima di essere ucciso – chiede allo stesso magistrato, stavolta citando Paolo Brogi, altro membro di Lotta continua, se “si è mai posto il problema di che cosa abbia significato in Sicilia, e a Trapani, tutto ciò?” – cioè l’invio di quell’avviso di garanzia.

Come se il fatto stesso d’aver ricevuto l’avviso di garanzia, per altro dovuto, possa surrettiziamente essere considerato come concausa dell’uccisione di Rostagno. Frangente che, se fosse dimostrato, sarebbe assai gradito dai fan della pista esterna, dagli stessi forzosamente contrapposta, a una inconsistente pista interna – come la Gandus aprioristicamente la giudica. Mentre dall’intrico di molti fatti e troppi indizi, potrebbero emergere piste diverse non necessariamente contrapposte, sia interne che esterne & via discorrendo.

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