Roberto Vecchioni ha vinto il 61esimo festival di Sanremo. Con una canzone già da molti bollata come “di protesta” contro il governo. Premiato dal televoto degli spettatori e dal consenso della stampa, unanime nel promuovere testo e musica del “professore”.

Risultato finale che conferma quanto annunciato nel pomeriggio in conferenza stampa da un funzionario di Rai Trade che aveva svelato come Vecchioni fosse in vantaggio dalla sera precedente. Una gaffe che aveva scatenato numerose polemiche: il rischio era quello che fosse falsato l’esito del televoto. Un errore al quale Gianni Morandi ha reagito con un “vaffa” e lasciando la sala stampa ieri e che era già finito sul tavolo del Tar del Lazio a seguito di un immediato ricordo del Codacons. Ma alla fine Vecchioni ha vinto lo stesso.

Ha vinto il festival con la sua “Chiamami ancora amore” già duettata in terza serata con la Pfm. Una canzone che rispetta i classici canoni della melodia italiana, con partenza soft e corpo dal ritmo deciso su cui scorrono parole che toccano i problemi delle generazioni attive di oggi: prospettive mancate, aspettative disattese e libri che rinvigoriscono la memoria collettiva, detonatore della discesa in piazza dei giovani d’oggi armati di idee. Passaggi del testo “letti” da molti come attacchi al governo. “Per il poeta che non può cantare, per l’operaio che non ha più il suo lavoro, per chi ha vent’anni e se ne sta a morire (…). Per tutti i ragazzi e le ragazze che difendono un libro, un libro vero; così belli a gridare nelle piazze perché stanno uccidendo il pensiero”.

Un testo che Vecchioni canta accorato dal palco dell’Ariston, che relega in piazza d’onore il giovanissimo duo dei Modà con Emma Marrone per soli 8 punti percentuali e Albano, che si deve accontentare del terzo posto in classifica. La canzone di Vecchioni è anche la più gradita dai giornalisti, per la prima volta chiamati ad esprimere la loro preferenza dalla sala stampa con un telecomando. E’ il brano che il cantautore nativo di Carate Brianza dedica alle donne a una sola settimana dalla manifestazione “Se non ora quando” e alla moglie Daria Colombo, ideatrice dei Girotondi e musa ispiratrice di tanti brani dai testi ruvidi e sanguigni che hanno garantito longevità artistica al marito.

Con la vittoria di Vecchioni tra i big, e del bravo Raphael Gualazzi tra i giovani che col suo swing ci ricorda tanto Paolo Conte, va in archivio l’ennesimo e infinito festival della canzone italiana di cinque serate dove in prima fila non è mancata la politica. E’ stato il festival del centocinquantenario dell’Unità d’Italia, ricordata in una straordinaria serata da Roberto Benigni. Ora si dirà che con Roberto Vecchioni la canzone italiana del festival della ricorrenza dell’Unità nazionale ha virato a sinistra. La memoria rimanda al palco del “no B day” in piazza San Giovanni, su cui Vecchioni duettò con Paola Turci “Povera patria” di Franco Battiato, che all’Ariston quest’anno si è dovuto accontentare delle retrovie della classifica. “Tra il silenzio e il tuono… anche restasse un solo uomo” e le sue “idee come le stelle che non spengono i temporali “, canta Vecchioni.

Articolo Precedente

Proposta per un 17 marzo di lotta e bandiere

next
Articolo Successivo

Annozero, La Russa: “Chiedo scusa a Formigli ma è un provocatore”

next