Non spetta al Garante per la privacy sindacare l’attività della magistratura. Questa, in sintesi, la replica dell’organismo di garanzia alle critiche mosse in questi giorni all’attività istituzionale del Garante rispetto alla vicenda Ruby. “Come più volte ricordato – sottolinea l’Autorità in una nota – non è nelle competenze del Garante sindacare il ricorso da parte dell’autorità giudiziaria a mezzi di prova consentiti dal codice di procedura penale – come le intercettazioni telefoniche e gli altri strumenti di indagine – né può il Garante intervenire laddove le notizie diffuse dai mezzi di informazione, tratte da atti giudiziari, abbiano un contenuto di evidente interesse pubblico, specie se riguardano persone note o che esercitano funzioni pubbliche.

Le notizie diffuse nelle ultime settimane dagli organi di informazione, ricorda il Garante, “hanno fatto riferimento sempre al contenuto di atti giudiziari acquisiti a seguito di attività di indagine disposta dalla magistratura, o a interviste e dichiarazioni rilasciate dalle stesse persone interessate”. D’altra parte le figure pubbliche “fermo restando il rispetto del principio di essenzialità e non eccedenza dell’informazione, hanno una protezione della loro riservatezza necessariamente attenuata, com’è previsto nel Codice deontologico dei giornalisti e riconosciuto dalla giurisprudenza. Va peraltro sottolineato che all’Autorità è pervenuta sinora un’unica segnalazione, rispetto alla quale è stata subito avviata come di prassi una specifica istruttoria preliminare”.

Il Garante ribadisce inoltre come “non rientri tra le competenze dell’Autorità verificare la veridicità di notizie diffuse dagli organi di stampa, spesso oggetto di smentita da parte degli stessi interessati, relativamente alle quali si possono comunque attivare gli appositi strumenti di tutela presso il giudice ordinario, in sede sia civile che penale. Occorre ricordare comunque che il Garante agisce sempre nel pieno adempimento delle funzioni assegnate dalla legge e tutela quotidianamente i diritti e la dignita’ di tanti cittadini comuni, specialmente minori o vittime di violenza”. Quanto alle regole che devono presiedere a un attento bilanciamento tra la tutela della riservatezza e il diritto-dovere di cronaca, l’Autorità ribadisce “la necessità che i media rispettino scrupolosamente i principi fissati nel Codice deontologico dei giornalisti e che l’autorità giudiziaria per prima adotti ogni misura necessaria ad assicurare il segreto istruttorio rispetto alle informazioni di cui viene in possesso nel corso dell’ attività di indagine, perseguendo gli eventuali autori delle violazioni. Spetta, infine, al legislatore e solo al legislatore assicurare un quadro normativo che rafforzi sempre di più un corretto equilibrio tra tutti i diritti e gli interessi in gioco in questo complesso ambito, anche tenendo conto delle evoluzioni tecnologiche”.

Articolo Precedente

Il Csm approva la pratica a tutela del pm De Pasquale

next
Articolo Successivo

Il Fatto da Londra: “150 anni d’Italia, cosa abbiamo imparato?”

next