Via Appia Nuova, in quel punto, è uno stradone a quattro corsie diviso da uno spartitraffico. Al numero 803, indicato come il civico della tragedia in cui l’altra notte sono morti quattro bambini rom, c’è una concessionaria d’automobili. Il campo in realtà è a un centinaio di metri. Un’enorme area completamente abbandonata, di proprietà dell’azienda di trasporti Cotral, buchi nella recinzione di fortuna, mutande delle prostitute notturne appese ai pali, ovunque un odore nauseante. Una discarica a cielo aperto: copertoni, pezzi di cemento, pali di legno, ma, in fondo, i panni stesi al sole. Qualcuno ha lasciato due gerbere nella rete, accanto al cancello d’ingresso. Ieri mattina la polizia scientifica e i vigili urbani impedivano ai giornalisti di avvicinarsi alle baracche: erano in corso i rilievi e il sopralluogo del magistrato, il pm Maria Cristina Palaia.

“Ho ancora nelle narici l’odore di quei corpicini bruciati – racconta Massimo Pellutri, assessore all’Urbanistica del IX Municipio, uno dei primi a essere accorsi l’altra notte –, erano tutti vicini, rannicchiati. Magari il più grande ha cercato di salvare gli altri. Intorno erano rimasti solo quattro paletti di legno e due biciclette. Le altre baracche invece erano intatte”. I cittadini di Tor Fiscale (così si chiama questo “borgo” romano, cresciuto intorno all’antica Torre del Fiscale) la tragedia se l’aspettavano da tempo. Già nel 2005 centinaia di famiglie rom occupavano i due capannoni della Cotral che erano sotto sequestro da anni. Un’inchiesta della magistratura su un giro di pedofili portò poi, nel 2006, allo sgombero. L’area venne recintata e per qualche mese, raccontano gli abitanti, c’era anche un custode all’entrata.
Poi, però, più nulla, e così i rom sono tornati. Baracche che dalla strada quasi non si vedono, ma un via vai continuo di persone che a chi vive qui intorno non passava inosservato. “Non ci hanno mai creato problemi – racconta un anziano a cavallo della bicicletta, uno di coloro che più volte ha segnalato la loro presenza – al massimo rovistavano nei cassonetti”. Niente acqua (la fontanella più vicina è a centinaia di metri, nella piazza centrale di Tor Fiscale), niente fogne, niente elettricità. Il cibo più vicino è quello del Mc Donald’s sull’Appia, lo stesso dove Elena e Mirca Erdei erano andati domenica sera a comprare da mangiare per Patrizia, Raul, Sebastian e Fernando. Forse non tutti figli loro (uno dei piccoli sarebbe figlio della figlia della donna, una ventenne separata dal marito; un altro, figlio di una sorella), ma accuditi con amore. Anche se quei bambini non andavano a scuola, anche se quella donna era una vecchia conoscenza del Municipio: altro che nomade, erano anni che si aggirava con la sua famiglia per le aree abbandonate del quartiere.

Erano 25 gli occupanti di quelle baracche, più o meno. Alcuni di loro l’altra notte, all’arrivo della polizia, se ne sono andati. Altri sono stati portati in Questura e identificati. E tutti quelli ascoltati dalla squadra mobile avrebbero confermato la versione di Elena e Mirca Erdei: i quattro bambini erano stati lasciati soli (sotto gli occhi della sorella 18enne), mentre i genitori andavano a comprare i panini. L’incendio sarebbe divampato da un braciere, lasciato acceso per tentare di contrastare il freddo e l’umidità che attanagliavano la notte romana. Madre e padre sono indagati per abbandono di minori e non per omicidio colposo plurimo, come ipotizzato in un primo momento (un’accusa che non avrebbe retto). “Qualcuno dice che non abbiamo accettato accoglienza, non è vero – ha raccontato ieri l’uomo –. Il Comune e nessun altro ce lo ha mai proposto. Inoltre siamo stati sgomberati più volte. Ora vogliamo solo riportare le salme in Romania: spero che succeda presto, nei prossimi giorni”. Dopo l’interrogatorio, la famiglia (quel che ne resta, purtroppo) è stata accompagnata in una struttura del Comune in via Salaria, non svelata – dice il Campidoglio – “per motivi di privacy”.

Ma prima di arrivare a destinazione, i genitori di Patrizia, Raul, Sebastian e Fernando hanno incontrato all’obitorio il capo dello Stato, che ha voluto portare loro la solidarietà di tutti gli italiani. “È stata una tragedia che pesa dolorosamente su ciascuno di noi – ha detto Napolitano – e che ci rende ancor più convinti della necessità di non lasciare esposte a ogni rischio comunità che da accampamenti di fortuna, degradati e insicuri, debbono essere tempestivamente ricollocate in alloggi stabili e dignitosi. Le autorità locali e nazionali non possono non sentirsi impegnate ancor più fortemente a dare soluzione a un problema così grave in termini umani e civili”.
Ieri sera le baracche di Tor Fiscale non c’erano più, e chissà dove sono finiti gli altri abitanti di quei piccoli insediamenti. Domani Roma si fermerà per il lutto cittadino. Le salme di quei bambini partiranno per la Romania, così come chiesto dai genitori, e a pagare per l’ultimo viaggio sarà il Campidoglio.

da Il Fatto Quotidiano dell’8 febbraio 2011

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